Un caso di disinformazione di Tuttoscienze
Il titolo della pagina 28 di TuttoScienze apparsa su La Stampa di mercoledì 1 luglio 2009, “Principio di precauzione? Mai più”, desta nel lettore un senso di stupore e induce a chiedersi quali nuove importanti scoperte siano state fatte per motivarlo. A noi, invece, che conosciamo il clima giornalistico italiano del periodo, sorgono spontanei alcuni dubbi sulla consistenza degli argomenti che seguiranno.
Man mano che ci addentriamo nella lettura dell’articolo, i dubbi si concretizzano, e comprendiamo di essere di fronte ad una di quelle operazioni di disinformazione a mezzo stampa che fanno ritenere a molti lettori che non ci sia modo di ricavare informazioni serie ed utili dalla lettura della scienza e degli scienziati, perché le valutazione che essa ed essi esprimono cambiano radicalmente da un anno all’altro, quando va bene, o addirittura da un giorno all’altro, in casi come questo.
L’elemento più negativo in questa pagina, che spiega il nostro giudizio di operazione di disinformazione, è la titolazione, assolutamente ingiustificata rispetto al contenuto dei due articoli, non solo per quanto riguarda la già citata apertura di pagina, ma anche per quello del secondo pezzo (“Tutti sbagliati i calcoli sui gas serra”). Non sappiamo se tali titoli siano dettati dall’obiettivo di stupire, e per questa via “accalappiare” a buon prezzo dei lettori altrimenti riluttanti a sorbirsi la lettura di articoli a carattere scientifico, o da un preconcetto “ideologico” del responsabile dell’inserto: certo è che il risultato sarebbe addirittura ridicolo, se non fosse per i danni che questa disinformazione scientifica causa.
Venendo ai contenuti, il primo articolo è una recensione di un recente libro (The Politics of Climate Change) del sociologo Anthony Giddens, che qui appare in realtà in veste di tuttologo. Come si evince anche da un’attenta lettura dell’articolo, Giddens critica effettivamente l’uso retorico dell’espressione “principio di precauzione”, locuzione troppo spesso utilizzata per sostenere tesi opposte (nella fattispecie, egli critica tutti i governi per le loro scelte poco efficaci in termini di riduzione dei gas serra). In realtà, non abbiamo nulla da obiettare su questo ennesimo richiamo al rigore scientifico e terminologico, come pure sulla implicita richiesta di approfondimento di un concetto elaborato dapprima dai filosofi e successivamente trasportato in altri contesti disciplinari fino alla sua appropriazione ed uso (spesso indebiti) da parte della politica. Pieno di ragionevolezza pare anche il suggerimento, invece criticato dal recensore, di emancipare il dibattito sul cambiamento climatico dalla contrapposizione destra-sinistra. Dove la trattazione lascia a desiderare è, piuttosto, nella elaborazione di suggerimenti positivi: anche qui i richiami al rigore si sprecano, ma non sembrano condurre da nessuna parte, anche perché, probabilmente, l’autore non è un così profondo conoscitore del tema, e preferisce restare sul piano dei principi generali.
Pare piuttosto schizofrenico, invece, il discorso del recensore (Roger A. Pielke), che dapprima definisce il libro “eccellente e spesso brillante”, ma successivamente lo taccia di essere “segnato da un’inaccettabile quantità di errori” e infine mette in evidenza la megalomania dell’autore, che arriva a definire addirittura col proprio nome (paradosso di Giddens) un fenomeno in realtà ben noto da decenni: la difficoltà, o addirittura l’incapacità, di riconoscere la minaccia costituita da un fenomeno caratterizzato da un andamento esponenziale da parte del cervello umano, più propenso a comprendere gli andamenti di tipo lineare. Come dire, insomma, che il principio di precauzione diventa ancora più indispensabile perché le evidenze di questi ultimi decenni mostrano come sia facile commettere errori sistematici clamorosi quando ci si confronta con fenomeni caratterizzati da una dinamica esponenziale (parliamo, qui, di vari ratei di crescita: dei gas serra, della popolazione mondiale, dello sfruttamento delle risorse, dell’inquinamento, ecc.; per chi fosse interessato ad approfondire il discorso su questo argomento, si segnala il rapporto sui limiti dello sviluppo edito dal club di Roma ed il suo recente aggiornamento contenuto nel libro Limits to Growth: The 30-Year Update). Ma questa conclusione risulta diametralmente opposta al senso del titolo della intera pagina.
Il secondo articolo presente in questa pagina è redatto da un economista (Richard Tol) che si chiede se i soldi spesi per studiare il problema del riscaldamento globale siano ben spesi. A suo avviso, in questo ambito gli economisti hanno abdicato al ruolo di valutare l’adeguatezza della spesa ed hanno raggiunto solo quattro punti di accordo su aspetti assai generali. Secondo Tol, la letteratura sulle conseguenze economiche del riscaldamento globale è assai controversa: egli dapprima sottolinea come, in letteratura, vi siano “solo” 14 studi che riportano una proiezioni dei costi totali, e poi li boccia tutti sostenendo che “si tratta di valutazioni incomplete, con molte questioni ancora aperte” e che “tra gli aspetti ancora sottovalutati ci sono le conseguenze indirette del clima sullo stesso sviluppo economico”. Peccato che non citi esplicitamente quello che per gli economisti è “lo” studio sulle conseguenze economiche del cambiamento climatico, cioè il famoso rapporto Stern (sarà compreso nei 14 studi?) , commissionato dal Parlamento inglese e presentato verso la fine del 2006 (qui l’annuncio shock dell’epoca sul Sole 24 ore) dopo che la task force guidata da Nick Stern (tra le altre cose, già editor del Journal of Public Economics e chief economist e vice-presidente della Banca Mondiale) aveva raccolto e vagliato gli studi e le testimonianze della grande maggioranza degli studiosi del mondo su questi argomenti.
È molto difficile cogliere appieno il senso delle affermazioni contraddittorie contenute in questo articolo di Tol, per giunta troppo breve: tutta la seconda parte del ragionamento sembrerebbe fornire buone ragioni per sollecitare maggiori investimenti per valutare la gravità della situazione in assenza di interventi, ed i benefici degli interventi stessi, ma ciò sembra contraddire la premessa, che sottolinea invece il rischio di spreco di denaro in questa direzione. Che dire: va bene che “dare un colpo al cerchio ed uno alla botte” mette in posizione più “neutra”, ma qui si esagera! Oppure, non sarà forse che il redattore italiano ha dovuto, per ragioni di spazio editoriale, accorciare l’articolo ed ha spostato una conclusione ecumenica secondo la quale i costi che si prevede di sostenere devono sempre essere confrontati coi benefici ottenibili, facendola diventare una premessa poco in linea con il resto del ragionamento? L’assurda titolazione del pezzo rende il dubbio irreprimibile.
Senza contare, poi, che alcune delle affermazioni contenute in questo articolo sono in conflitto tra loro (nel primo punto Tol sostiene che “l’impatto sull’economia di un raddoppio delle concentrazioni di gas serra è relativamente basso”, ma una riga dopo, nel secondo punto, dice che “non è affatto trascurabile”) o sono di parte (nel terzo punto, ad esempio, vengono citati i benefici del riscaldamento globale nelle zone temperate a livello di riduzione dei costi del riscaldamento e di quelli per le malattie sanitarie da raffreddamento, ma non si parla minimamente dell’incremento dei costi legati all’aumento degli impianti di condizionamento ed alla maggiore diffusione delle epidemie legate al caldo; nel quarto punto viene effettivamente, e correttamente, detto che “l’impatto è maggiore nelle nazioni più povere. Sono quelle più esposte ai cambiamenti climatici, soprattutto nei settori dell’agricoltura e delle risorse idriche”, ma non viene adeguatamente sottolineato che la maggior parte dell’umanità vive attualmente in quelle zone, e l’aggravarsi di tali problemi comporterebbe un incremento sostanziale della mortalità e dell’emigrazione, con tutte le conseguenze che questo comporta) o non trovano riscontro nella letteratura scientifica (il quinto punto parla genericamente di minor pessimismo nelle valutazioni di impatto, ma un discorso così generico risulta incomprensibile).
In realtà, la precedente ipotesi sui tagli alla versione italiana (o altrimenti sulle scelte dell’autore) viene rafforzata dal fatto che anche le conclusioni del già citato rapporto Stern sono effettivamente incerte: infatti i costi complessivi del riscaldamento globale sono stimati in una forchetta che si estende da un valore minimo del 5% ad un valore massimo del 20% in termini di PIL mondiale all’anno per ogni anno a venire. Un tale divario è effettivamente molto ampio, non c’è dubbio, ma di fronte a dati del genere qualunque persona di buon senso riterrebbe – come fa la commissione Stern – che investire l’1% del PIL mondiale all’anno in misure preventive implichi di fatto un guadagno compreso tra il 4 ed il 19% sullo stesso PIL mondiale: un dato assai superiore alla crescita passata ed a quella prevista, almeno per i paesi industrializzati. Peccato che i vari Governi italiani, come anche la Confindustria, non abbiano dato il giusto risalto a questi dati. Altrove, verso la fine dello scorso anno, dei finanziatori privati hanno messo a disposizione di N. Stern un investimento iniziale di quattro milioni di euro per approfondire, col suo gruppo di ricerca alla London School of Economics, le analisi sugli interventi.
In conclusione, è vero che i calcoli sono imprecisi, ma questo non implica automaticamente che siano sbagliati (come qualunque conoscitore di una qualche disciplina scientifica dovrebbe sapere); per renderli un po’ più precisi, occorre spendere molto, ma anche questo è un concetto di base che vale per tutte le discipline ed i campi, non soltanto scientifici: gli studi costano. È proprio per questo motivo che, in diversi casi, sembra conveniente e saggio ricorrere proprio al principio di precauzione, vista l’entità del divario tra i benefici del contenimento delle emissioni ed i rischi di continuare sulla strada del cosiddetto “business as usual”. A meno di pensare che i costi li potranno poi sopportare le generazioni future, che tanto avranno a disposizione tecnologie assai più avanzate, quelle nelle quali noi non stiamo investendo…
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Testo di Roberto Burlando e Claudio Cassardo
25 responses so far
Tutti sbagliati i calcoli sui gas serra
allora potremmo dire:
tutti sbagliati i titoli de La Stampa
Ciao
Tuttoscienze della Stampa si è sempre distinto per la sua politica para-negazionista. Non solo nei titoli, ma anche nelle interviste e negli articoli. Questo è solo l’ultimo tassello, ma ritengo che ci sia dietro un progetto preciso.
Marco Ferrari
Giddens è quello della terza via di Blair.. mm… ottimo consigliere…
chiedetelo a Gordon Brown … o ai soldati che hanno mandato in Iraq..
Divertente anche Pielke, chissà che aggettivi usa per chi scrive i libri senza tutti quegli errori inaccettabili.
Concordo, Tuttoscienze è ormai decaduto, ci sarebbero anche tanti altri esempi, che peccato
“vista l’entità del divario tra i benefici del contenimento delle emissioni ed i rischi di continuare sulla strada del cosiddetto “business as usual”.
Entrambi (benefici e rischi) assolutamente sconosciuti ed inquantificabili, tanto che si potrebbe rovesciare il concetto.
“è vero che i calcoli sono imprecisi, ma questo non implica automaticamente che siano sbagliati (come qualunque conoscitore di una qualche disciplina scientifica dovrebbe sapere)”
qualunque conoscitore di una qualche disciplina scientifica sa che quando il margine di errore è molto grande significa che il dato quantitativo non ha alcun valore….
e qualunque persona di buon senso non prenderebbe alcuna decisione sulla base di un fenomeno, che anche qualora si verificasse, non è stato quantificato; specie se da tale decisione dovesse dipendere l’economia globale e le politiche di intere nazioni.
Tuttoscienze, pur schierato, ha sollevato questioni sacrosante.
@Giulio
@ Entrambi (benefici e rischi) assolutamente sconosciuti ed inquantificabili
“Assolutamente”, che termine impegnativo…
@ “quando il margine di errore è molto grande significa che il dato quantitativo non ha alcun valore…”
Il punto è chi e come decide cosa sia “molto grande”
Se lo facciamo decidere ai petrolieri sicuramente sarà sempre troppo grande l’incertezza sul clima, fino a quando non ci avranno venduto l’ultima goccia
Chissà come avranno quantificato i rischi e i benefici di invadere l’Iraq.
Quindi non è una questione di buon senso, il mio buon senso è molto diverso dal tuo
@Luca
“valore minimo del 5% ad un valore massimo del 20%”, ovvero 12.5 +/- 7.5. Margine di errore del 60% rispetto al valore medio (12.5).
Ovvero, misura totalmente inutile. O assolutamente inutile. che ti piaccia o meno.
…sempre ancorato a questa storia dei petrolieri cattivi…evidentemente non ti rendi conto che loro sono i primi a sapere che presto l’oro nero non sarà un buon affare e stanno investendo là dove sarà vantaggioso…
il buon senso è un valore oggettivo, la capacità di discernimento, purtroppo, fortemente soggettiva.
Tutto ruota attorno al sole
Archimbald già nel 2006 aveva previsto un minimo solare simile a quello di dalton, a breve ma è uno scettico e nessuno gli ha dato retta anche perche Hathaway della Nasa diceva che ci sarebbe stato un ciclo molto intenso con tempeste magnetiche ecc
http://wattsupwiththat.com/2009/07/28/nasa-now-saying-that-a-dalton-minimum-repeat-is-possible/
ma Hathaway difronte all’evidenza di un sole senza macchie si tira indietro e scrive sul new york times che il minimo di dalton per i prossimi anni è possibile e probabile
http://www.nytimes.com/2009/07/21/science/space/21sunspot.html?pagewanted=2&_r =2
Hathaway dice che le oscillazioni oceaniche sono una variabilità interna , vale forse per el nino e la nina, ma l’Enso è correlata anch’essa al sole
http://forum.meteonetwork.it/meteorologia/108642-zichichi-prodi-validazione-dei-modelli.html
Zichichi, prodi e la validazione dei modelli
e tutto ruota intorno al sole e io mi sento sempre più preso in giro dai catastrofisti climatici, quindi tornando in topic Tuttoscienze sta facendo un ottima controinformazione su pur con tutti i limiti di un quotidiano
Richard Tol e’ il supervisore della mia ricerca di dottorato a Dublino. Dati i dubbi sollevati circa la fedelta’ della traduzione dell’articolo, contattero’ Richard e, se mi risponde, vi faro’ sapere.
Please note that I did NOT write this piece in La Stampa. I did not authorise the article either.
@Tol
Cioè se non capisco male quelli della Stampa si sono inventati il pezzo di Tol. Mi sembra una cosa molto grave. Ma si sono bevuti il cervello in quel giornale ? E poi non capisco perchè lo fanno.
@Claudio Costa
“Tuttoscienze sta facendo un ottima controinformazione su pur con tutti i limiti di un quotidiano”
Scrivere un pezzo ed intestarlo ad una persona che non l’ha scritto (magari sperando che, visto che è straniero, non se ne accorgerà mai) non mi sembra un’ottimo esempio di informazione. Al di là di tutti i discorsi di parte. Inoltre, come abbiamo evidenziato nel post, l’articolo in questione è sconclusionato ed il contenuto non è in linea con la titolazione.
@Tol
We have asked to Tol to reply by sending us a piece really written by him about this argument, which we will eventually publish – translated – on climalteranti
@Antonio
The article is a fabrication by Mr Fabio Fantoni, press officer of the Fondazione Sigma Tau. See http://www.fondazionesigmatau.it/
The editor of TuttoScienza, Ms Gabriele Beccaria, apparently did not check copyright.
I contacted La Stampa on Jul 27, Jul 30, Jul 31, Aug 4 (three times) and again today (Aug 5).
I contacted Fondazione Sigma Tau on Jul 27, Jul 28, Jul 30, Aug 4 (four times) and again today (Aug 5).
From their lack of response, one may conclude that neither Fondazione Sigma Tau nor La Stampa considers this to be “una cosa molto grave”.
@Tol
As an Italian researcher, and citizen, I’m very sorry for what happened and for the lack of response from La Stampa and Fondazione Sigma Tau.
Unfortunately, this is not a nice period for scientific journalism – and for journalism in general – in Italy.
In many fields, pointing out and acknowledge that a thing is “una cosa molto grave”, it seems to be fashionless or forbidden…
@Richard Tol
Dear Richard, here
http://www.fondazionesigmatau.it/Spoletoscienza/detail.asp?evento_id=1367
you can see that today they apologize. But they also claim that the paper published in La Stampa contain extract from your previuos works.
Do you agree ? Have you ever said that “all numbers on GHGs are wrong”?
Grazie
http://www.fondazionesigmatau.it/Spoletoscienza/detail.asp?evento_id=1367
Nota del 06/08/2009
L’articolo dal titolo “Tutti sbagliati i calcoli sui gas serra” a firma di Richard Tol, pubblicato Mercoledì 1° Luglio sul supplemento “TuttoScienze” del quotidiano La Stampa non è stato autorizzato né approvato dall’autore – e di questo ci scusiamo con lui, con la redazione di TuttoScienze e con i lettori – per quanto comprenda degli stralci estratti da un lavoro pubblicato nel 2008: Tol R., The economic impact of climate chance, Esri, Working Paper No 255 (2008); una versione più dettagliata ed estesa è quella che Tol ha pubblicato con il titolo “The economic effects of climate change”, sul Journal of economic perspectives, Vol 32, No2;29-51 (2009).
Alla faccia dell’ “ottima controinformazione pur con tutti i limiti di un quotidiano”, questa è una storia di disinformatia bella e buona. Forse gli entusiasti degli elzeviri scritti in fretta potrebbero trarne una utile lezione.
I am very sorry for you, professor Tol, and I am worried because many italians do not recognize the serious things anymore! Who knows, perhaps a rainy day could be a serious thing yet.
Mr Fabio Fantoni claims that he took one of my papers (11,000 words) and cut it to a short newspaper article (300 words). This claim is repeated in their “apology”, even though I have repeatedly rejected this interpretation in writing to Mr Fantoni and his boss, Dr Pino Donghi.
I am sure that the original paper contains the words “all” “numbers” “on” “GHGs” “are” and “wrong”. I am also sure that there is no sentence “all numbers on GHGs are wrong”, “all calculations on GHGs are mistaken” (BabelFish translation) or anything remotely like that.
@ Cassardo
Prendo atto della vicenda sconcertante!
A questo punto si dovrebbe dubitare, e a ragione, anche dell’articolo a “firma” R. Pielke.
I’d expect an apology by “La Stampa” as well (La Stampa is a nationwide newspaper, not SigmaTau).
Chissà se R Pielke lo sa di aver scritto un articolo per La Stampa
Intanto il New York Times segnala un’altra storia poco pulita:
http://www.nytimes.com/aponline/2009/08/05/us/politics/AP-US-Congress-Forged-Letters.html?_r=2
Principio di precauzione: Mai più!
Direi di si!
http://www.climatemonitor.it/?p=3531&cpage=1#comment-3973
Crutzen prendendo un abbaglio colossale ha ribattezzato l’Holocene, il nostro periodo interglaciale, con Antropocene.
Non è più accettabile, bisogna rinominare: The Heliocene (dicono che suoni meglio di The Suncene!)
In un altro forum Claudio Gravina ha citato Landschein, in effetti lo scienziato solare, su solar phisics la rivista più autorevole sul sole, aveva già intuito che :
– le oscillazioni oceaniche erano correlate al sole
– i cicli solari erano influenzati da giove e luna
Landschein non riuscì a dimostrarlo ci è riuscito ora Nicola Scafetta un fisico italiano che insegna in USA.
Su climate monitor c’è una tabellina dell’IPCC sulle forzanti radiative che hanno causato il riscaldamento globale:
– al sole è attribuito to il valore di circa il 7,5%
– ai gas serra antropogenici il 92,5%.
Questo non è più accettabile!
Quindi se già la mitigazione climatica con il protocollo di Kyoto era ridicola ed inefficace, (qualche centesimo di grado ogni 50 anni, )dopo la scoperta di Scafetta è assolutamente inutile, perchè è il sole che guida il clima non la CO2!
[…] Chi fosse interessato trova il commento (del collega di Fisica Claudo Cassardo e mio) alla pagina dei TuttoScienze che ha portato alla scoperta di questo falso sul sito https://www.climalteranti.it/?p=185#comment-3486. […]
[…] dell’era glaciale nonché per un articolo “Tutti sbagliati i calcoli sui gas serra” non scritto dall’autore a cui non è stata concessa la possibilità di una […]
[…] a rather skeptical article on climate change under my name. It was not written by me, as discussed here and here. Today, the record is set straight (original). It calls for a carbon tax in […]