Le scelte per gli Stati Uniti
Un rapporto dell’Accademia delle Scienze statunitense ribadisce i pericoli dei cambiamenti climatici, la necessità di azioni immediate e indica le strade delle possibili soluzioni.
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L’Accademia Nazionale delle Scienze (NAS) americana nasce nel 1863 per volere del Presidente Lincoln. Lo scopo dichiarato era quello di avere il parere di esperti indipendenti per tutte le questioni scientifiche politicamente rilevanti, in modo da consentire ai decisori politici di fare le opportune scelte sulla base di informazioni attendibili. Nel loro sito campeggia in bella mostra la scritta “Dove la nazione si rivolge per un parere indipendente ed esperto”.
In passato la NAS aveva già prodotto rapporti importanti per la scienza del clima, ad esempio sul tema delle temperature degli ultimi 2000 anni.
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Due anni fa il Congresso chiese alla NAS un rapporto sulla scienza dei cambiamenti climatici e su quali opzioni avessero gli Stati Uniti per mitigarne gli effetti e mettere in atto opportuni interventi di adattamento per quanto non fosse evitabile. Il risultato sono stati quattro volumi, pubblicati fra maggio e luglio 2010, più il rapporto finale pubblicato pochi giorni fa, collettivamente chiamati “America’s Climate Choices”.
Il primo volume, “Advancing the Science of Climate Change”, si occupa di fare il punto su quanto è noto sulla scienza del clima. Il secondo, “Limiting the Magnitude of Climate Change”, tratta le possibilità di limitare gli effetti
Il terzo, “Adapting to the Impacts of Climate Change”, dei necessari adattamenti a quanto non si riuscirà ad evitare.
Il quarto, “Informing the effective Response to Climate Change”, infine, si occupa di come gestire le informazioni dal livello federale a quello locale e dei rapporti fra scienza, agenzie governative e decisori politici.
Come si vede chiaramente, il rapporto tocca tematiche molto vaste ma tutte ritenute necessarie per una corretta gestione del problema dei cambiamenti climatici. Farne un riassunto esaustivo richiederebbe molto più tempo e spazio di quanto consenta l’attività del blog. Ci sono però alcuni punti che vorrei mettere in luce.
Il punto di partenza è ovviamente il ribadire che i cambiamenti climatici sono in corso e che rappresentano un rischio significativo per l’ambiente e le società umane. Questa è una motivazione sufficientemente forte per un sostanziale sforzo in risposta. Fin qui nulla di nuovo; sono concetti già espressi dalla NAS, da tutte le Accademie delle Scienze e da quasi tutte le associazioni scientifiche di settore.
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La gestione del rischio
Per definire le modalità di intervento è necessario stabilire il quadro generale in cui ci si trova ad operare. Per la NAS bisogna partire dal riconoscere il ruolo delle incertezze e da qui ideare un meccanismo di gestione del rischio; le incertezze, che è bene ricordare possono avere in serbo sia belle che brutte “sorprese”, non sono infatti una ragione per l’inazione ma un ingrediente da tenere in debita considerazione.
Al livello decisionale, sia locale che nazionale, ci si trova a dover prendere decisioni in mancanza di informazioni certe o comunque con informazioni quanto meno incomplete. La NAS identifica nella “gestione iterativa del rischio” il meccanismo adatto. Anche in presenza di un quadro incerto è sempre possibile identificare degli interventi utili attraverso tutti gli scenari realisticamente ipotizzabili. Partendo da questi si allarga poi progressivamente la portata delle azioni da intraprendere che dipenderanno anche da situazioni contingenti, quali ad esempio la percezione del rischio o la situazione economica. Garantendo poi un costante flusso di informazioni dal mondo scientifico a quello politico nazionale e locale e viceversa, si dovranno progressivamente riadattare le politiche di intervento alle mutate conoscenze o situazioni obiettive. Semplificando, si tratta di innescare un processo continuo di feedback che consenta di adattare progressivamente le scelte politiche.
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Agire subito
L’altro punto che volevo evidenziare è la necessità di intraprendere al più presto e in modo deciso le azioni di mitigazione e adattamento. La NAS etichetta esplicitamente come “imprudente” rimandare queste azioni per diverse ragioni:
・ innanzi tutto, una decisa e tempestiva riduzione delle emissioni di gas serra riduce il rischio posto dai cambiamenti climatici e dalla eventuale necessità di maggiori, più rapidi e più costosi interventi successivi;
・ alcuni cambiamenti climatici, una volta manifestatisi, permarranno per centinaia o anche migliaia di anni; tornare indietro sarebbe molto difficile o impossibile. Al contrario, rivedere le azioni intraprese rivelatesi troppo stringenti è sempre possibile;
・ quotidianamente nel mondo vengono fatti investimenti infrastrutturali che di fatto ci impegneranno ad emissioni di gas serra per decenni. Un opportuno sistema di incentivi servirebbe a guidare questi investimenti i cui effetti benefici avrebbero effetti di lungo periodo;
・ molte azioni di adattamento riducono la vulnerabilità anche rispetto alla variabilità climatica naturale e agli eventi estremi.
Fin qui il rapporto dell’Accademia statunitense. Personalmente ritengo che molte delle idee espresse nel rapporto abbiano una validità generale e possano essere estese anche ad altre nazioni, oltre gli USA ai quali si rivolge la NAS. Le decisioni da prendere, a loro volta, andrebbero inserite nel contesto di accordi globali.
Ci sono diversi spunti per una seria riflessione, ma non bisogna dimenticare che nel frattempo è necessario e possibile agire. Fra l’altro, come rilevato dallo stesso rapporto della NAS, molti degli interventi necessari hanno anche importanti “effetti collaterali” positivi da non trascurare; per dirlo con le parole di una vignetta, “E se fosse tutta una grande beffa e costruissimo un mondo migliore per nulla?”
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Testo di Riccardo Reitano
18 responses so far
@Riccardo
un rapporto IPCC su scala locale, insomma.
Esce in mezzo ad alluvioni, tornado, ondate di calore, siccità, incendi che illustrano bene l’idea dei rischi, eppure molti politici propongono lo stesso tagli agli strumenti e alle ricerche che consentono di limitare vittime e danni.
Qualcuno almeno ha preso una decisione: organizzare preghiere collettive. Sarà l’afa, ma non vedo come un rapporto così possa farli tornare nel mondo reale…
“Gestione iterativa del rischio”: tutti bayesiani, ‘sti accademici!
@ Sylvie
La speranza è che pian piano, a furia di insistere, si inizi a capire o almeno discutere delle cose più importanti, fra cui ad esempio quanto scritto sopra:
” alcuni cambiamenti climatici, una volta manifestatisi, permarranno per centinaia o anche migliaia di anni; tornare indietro sarebbe molto difficile o impossibile. Al contrario, rivedere le azioni intraprese rivelatesi troppo stringenti è sempre possibile;”
ocasapiens
in USA sembra che la politica voglia utilizzare la strategia dello struzzo. Oltre ad andare in rotta di collisione con la scienza, vorrebbero tagliare i fondi alle agenzie che si occupano di monitoraggio e prevenzione. Ironico che, come fai notare tu, tutto questo avvenga dopo 18 mesi di eventi eccezionali non ancora terminati.
Ma devo dire di non essere pessimista. Nel Texas martoriato dagli incendi, ad esempio, preghiere a parte il Governatore repubblicano chiede l’intervento federale mentre il deputato texano vota contro il “big government”, FEEMA, NOOA, EPA e quant’altro. Io vedo una profonda frattura con la testa e il corpo pensano cose diverse, prima o poi si meteranno daccordo.
Le critiche di Joe Romm al Rapporto:
http://climateprogress.org/2011/05/12/national-academy-america%e2%80%99s-climate-choices/
Un Rapporto che secondo lui – e mi sento di concordare – sarebbe stato più adeguato 5 o 10 anni fa.
C’è anche qualche postilla sulla disinformazione (sorprendente, in positivo, l’editoriale del Washington Post):
http://climateprogress.org/2011/05/16/national-academy-of-sciences-media-coverage/
@Paolo C
Joe Romm è ingiusto, trovo. 5-10 anni fa, il governo Bush-Cheney un rapporto così lo cestinava senza aprirlo, e le proiezioni a media scala e medio termine erano più incerte.
@Stefano e Riccardo
Dite? Ricordo un rapporto simile nel 1965…
Forse i politici ascolteranno le assicurazioni. Come le banche, sono indispensabili al funzionamento dell’economia e han finito i soldi…
a proposito della vostra discussione di qua sopra:
mi torna in mente Hansen ascoltato lo scorso dicembre (e 30C° fa :-)) a Milano quando diceva che tra i motivi di ottimismo c’era la Cina, mica parlava degli USA.
Paolo C
Joe Romm sa bene che la NAS, così come l’IPCC, è un’organizzazione sostanzialmente “conservatrice” per costituzione. Trovo fuor di luogo chiederle ciò che non può dare. Le cose un po’ più incerte o più recenti si cercano altrove.
homoereticus
Hansen hanno cercato di fermarlo in tutti i modi, anche non propio accettabili. Non mi sorprende che non ponga molta fiducia negli USA. Ma visti con il distacco che ci consente l’essere dall’altra parte dell’oceano forse la situazione è meno “tragica”.
Credo che perderei il mio ottimismo di fronte all’elezione di un Presidente proveniente dalle becere fila del Tea Party.
@Sylvie e Riccardo
Comprendo il vostro punto di vista, ma non riesco a condividerlo. Trovo che Joe Romm faccia bene a sottolineare – accanto agli aspetti positivi (presenti nel Rapporto) – errori e inesattezze, ad esempio:
…it is really absurd to say that the IPCC projects the Earth’s average surface temperature might increase as little as 1.1°C by 2100 “in the absence of new emissions mitigation policies.”
The more I think about it, the more problematic an error this seems to me because, again, it leaves the misimpression there is some plausible chance that, absent serious policies, we might have very little warming this century. That sentence should not have gotten through a process reviewed by so many distinguished scientists.
@Paolo
Non c’è dubbio che il rapporto sia conservatore. Sulle ricerche recenti citate da Romm, tieni conto che le misure del metano da permafrost sono ancora poche e le proiezioni sulle siccità si susseguono con parecchie divergenze. Era meglio includerle con le rispettive incertezze? Forse, ma sappiamo come gli scettici le interpretano.
Mi sembrava ingiusta la critica che riporti. Non trovo che sia un “errore” citare anche la proiezione minima. “(in the absence of new … policies)” darà un’impressione sbagliata, ma la frase è un sunto onesto, per dirla con Schneider. Lo spiega Romm stesso: lo scenario B1 “does not include any climate policies” e si basa sulla continuazione di quelle ambientali già in atto – not new – in vari paesi del mondo, USA inclusi.
Nel rapporto finale a pagina 20 (37 del file) è riportato il range rispetto al periodo 1980-1990:
“The IPCC’s assessment of future climate change projects that Earth’s average surface temperature will increase (in the absence of new emissions mitigation policies) between 2.0 and 11.5°F (1.1 to 6.4°C) by the end of the 21st century, relative to the average global surface temperature during 1980-1999.”
Romm ha visto 1.1 °C ma non 6.4 °C. Non mi sembra che abbia riportato in modo equilibrato.
@Sylvie
Be’, dubito molto che le politiche in atto basteranno a limitare l’aumento di temperatura ad 1,1 °C…
@Riccardo
Ha visto anche 6,4 °C, e lo ha riportato nell’articolo (in grassetto). Ma quello che contestava era l’1,1°C, e quindi si è soffermato su quello.
Comunque non importa, non volevo aprire una polemica. Coi tempi che corrono, è sempre meglio considerare il bicchiere mezzo pieno
Nel caso USA, non direi che la politica voglia utilizzare la strategia dello struzzo
Ci sono piuttosto interessi fortissimi che condizionano il Senato USA, portando a candidare e ad eleggere chi la pensa in un modo ben preciso
http://www.nytimes.com/2010/10/18/opinion/18mon1.html
Questi credono che Dio abbia deciso tutto,
http://www.youtube.com/watch?v=_7h08RDYA5E,
hai voglia spiegarlgi di 1.1 o 6.4 gradi…
buonasera a tutti..e scusate questo piccolo ot..
chi mi spiega il motivo delle temperature cosi’ basse da record nel Polo Sud..in un periodo di GW cosi’ estremo?
Al Polo Sud geografico l’ultimo trimestre è risultato il più freddo mai registrato..
sono ormai tre i mesi in cui la media scende decisamente sotto la norma e mai si era registrato un periodo marzo – maggio così freddo, come mostra la sintesi in senso decrescente:
1991 -58,4 °C
1964 -58,5 °C
1990 -58,5 °C
1989 -59,1 °C
2011 -59,4 °C (al 28 maggio)
non e’ strana questa cosa?anche perche’ i ghiacci godono di ottima salute in quei posti..
so che secondo voi la colpa del GW attuale e’ solo colpa dell’uomo,ma secondo me non e’ da scartare la teoria di qualche scienziato sulle modificazioni dell’inclinazione dell’asse terrestre che potrebbero influire sul clima.
grazie per l’attenzione..saluti
potresti dire da dove hai preso quei dati? , quale stazioni più importanti? è una media? si più preciso; sai dai dati si puo’ ottenere quel che si vuole se non si è chiari
Cortesemente, in questo post le T dell’artico sono fuori tema.
Mi dispiace ma le regole sono chiare https://www.climalteranti.it/info/
Se vuole, parta da qui
http://holocene.meteo.psu.edu/shared/articles/SteigetalNature09.pdf
o o tenga la domanda per la prima volta che torneremo su questi temi.
Grazie
Siamo OT. Comunque, ho preso i dati per la stazione di Vostok (78° 21′ S) dal 1957e il trend lineare è positivo (0.14 °C/decade, significativo a 1 sigma).
In particolar modo quando si è in presenza di forte variabilità (+/- 1.5 °C nel nostro caso), i trend si giudicano dalla serie temporale, non dalla classifica dei singoli anni.
Quello di Riccardo è stato scritto in contemporanea all’avviso, d’ora in poi i commenti off topic saranno rimossi.
@ Paolo C.
Lei dice che il rapporto della NAS sarebbe stato più adeguato 5 o 10 anni fa. Sono d’accordo visto che le conoscenze in materia di cambiamenti climatici antropogenici erano già sufficienti a intraprendere misure correttive. Ne vedremmo i frutti se ci fossero state. Invece si è fatto ben poco mentre si sono sprecate enormi risorse intellettuali nei dibattiti con i mercanti di dubbi.
Gli illustri accademici saranno dei parrucconi ultra-prudenti ma speriamo che il loro autorevole parere serva a rilanciare la decarbonizzazione della seconda economia del pianeta e che questo sia, a sua volta, esempio agli altri.
Non per essere ecumenico, ma meglio tardi che mai.