I periodi caldi del passato e il riscaldamento attuale
Durante l’inverno, quando fa freddo, si sente a volte chi sottolinea l’importanza dei grandi riscaldamenti planetari del passato. E’ bene quindi ricordare che l’evoluzione della storia della Terra è stata sì caratterizzata da fasi alterne più calde o più fredde delle attuali, ma con scale temporali diverse in cui di volta in volta sono stati predominanti differenti fattori.
È indubbio che nel passato ci sono stati molti casi in cui il clima del pianeta si è scaldato in modo importante. Uno dei più famosi è l’episodio di forte e relativamente rapido riscaldamento avvenuto 55.5 Milioni di anni fa, chiamato PETM-Paleocene-Eocene Thermal Maximum (se ne è parlato recentemente su Le Scienze, Nature Geoscience e Nature): si ebbero grandi eruzioni in corrispondenza dell’apertura dell’Atlantico, i flussi magmatici arrostirono i calcari e bruciarono il carbonio superficiale, la temperatura si innalzò di2°C, gli oceani profondi si acidificarono, distruggendo i foraminiferi, e vennero destabilizzati i giacimenti di clatrati idrati sottostanti i fondali; il metano non ebbe il tempo di ossidarsi e la temperatura crebbe ancora essiccando e bruciando grandi foreste e torbiere in tutto il globo. Alla fine si stima un aumento di8 °C, in dieci-quindicimila anni.
In precedenza, dalla formazione della Terra e fino a 570 milioni di anni fa, per oltre 3 miliardi di anni il clima del Pianeta era stato regolato dai fattori geochimici che modellarono la superficie e l’atmosfera. Nel contempo l’evoluzione biologica passava lentamente dal regno dei primi organismi unicellulari anaerobici a quello dei microorganismi fotosintetici e a quelli in grado di respirare l’ossigeno prodotto, fino alla formazione degli eucarioti, capaci di entrambe le funzioni. A partire da 570 milioni di anni fa si innescò il ciclo biogeochimico del carbonio, che coinvolgeva microrganismi marini dotati di esoscheletro calcareo. La vittoria degli organismi fotosintetici portò ad arricchire l’atmosfera di ossigeno molecolare, estratto dalla CO2 ad opera della fotosintesi, quindi di ozono (a partire da 120 milioni di anni fa). Molti indizi e prove ci dicono che il clima era molto caldo, ma alternato a periodi di forte raffreddamento, favoriti forse dalla presenza di grandi concentrazioni di ceneri vulcaniche nell’atmosfera.
In geologia la storia evolutiva della Terra è stata influenzata più dalle ere glaciali che dai periodi caldi. Dopo le glaciazione del proterozoico (2,2 miliardi e 600-700 milioni di anni), assumano grande importanza, per l’attuale asseto climatico, le glaciazioni del Pleistocene.
Tra 3 e 2 milioni di anni fa si ebbero una serie di riscaldamenti e raffreddamenti (le glaciazioni del Pleistocene, le più intense quelle di Dunau, Gunz, Mindel, Riss e Wurz): Europa, Asia e America settentrionale si ricoprirono parzialmente di ghiaccio.
Da allora, e almeno nell’ultimo milione di anni, il clima del Pianeta può essere definito bistabile, oscillando tra una era glaciale di 90-100 mila anni e un periodo caldo di 15-20 mila anni. Un periodo in cui hanno predominato i fattori astronomici (Cicli di Milankovich): le analisi delle carote estratte dai ghiacci antartici e dai sedimenti marini mostrano che nell’ultimo milione di anni si sono succedute 8 glaciazioni.
L’umanità moderna è emersa dalla storia evolutiva dei mammiferi e dei primati e dei nostri antenati e parenti ancestrali, tra la penultima e l’ultima glaciazione (circa 200 mila anni fa)
L’ultima glaciazione sui è conclusa 15-20.000 anni fa, e dopo il successivo periodo di riscaldamento durato diverse migliaia di anni è iniziato il periodo chiamato Olocene.
La ricostruzione delle temperature globali di questo periodo non è agevole: basandosi su tutti i dati disponibili, fossili, sedimenti, proxy (anelli degli alberi, pollini etc.) si può ricavare un andamento qualitativo, di massima indicato nel grafico a fianco. Come si nota sono presenti periodi di minimi e massimi di temperatura, ma non è facile capire quanto variazioni più accentuate possono aver interessato regioni anche vaste.
Venendo ai tempi più recenti, si è molto favoleggiato sui “periodi caldi”, degli ultimi 2000 anni, nell’epoca greco-romana e nel medioevo. In realtà le variazioni di temperature alla base di questi miti, di cui si favoleggia come dimostrazione che periodi di riscaldamento globale si sono già avuti in passato e oggi non accade nulla di nuovo, rientrano nelle oscillazioni naturali spiegate dalla variazione della forzante solare. Altra cosa è la deriva che ha preso la temperatura negli ultimi decenni e la cui velocità di crescita non ha paragone con nessun andamento del passato prossimo e remoto. Se poi si considerano le proiezioni dell’aumento di temperatura a fine secolo, c’è un evidente cambiamento nella scala temporale delle variazioni.
Testo di Guido Barone, con contributi di Stefano Caserini
16 responses so far
@ Barone Caserini
non ci posso credere! Ma pensate che qualcuno vi prenda ancora sul serio postando un grafico del 3° rapporto IPCC che non è nient’altro che il famigerato Hockey stick di Mann? Quella si una favoletta fatta su commissione come emerso dal climate gate 1.
scrivete: “rientrano nelle oscillazioni naturali spiegate dalla variazione della forzante solare”
eh no, questa la dovete dimostrare, se no è solo aria fritta.
http://www.climatemonitor.it/?p=27986
fig 3 dove sarebbe la forzante solare che giustifica il periodo caldo medioevale?
@ Costa
Ci siamo già detti che noi preferiamo prendere in considerazione il lavoro fatto da decine di studiosi -esperti del settore, e considerato valido da tutte le principali organizzazioni scientifiche, piuttosto che quello che scrive lei su Climate Monitor.
Se ha delle argomentazioni scientifiche, pubblicate nelle sedi opportune e non le dicerie sui vari climategate o cose simili, le leggiamo e discutiamo.
Quello che scirve Lei su CM ho smesso di leggerlo da tempo e non intenzione di farlo ora.
In questa ricerca pee review
http://www.clim-past-discuss.net/8/4003/2012/cpd-8-4003-2012.pdf
cito The spatial distribution of simulated temperature changes during the transition of the Medieval Climate Anomaly to the Little Ice Age disagrees with that found in the reconstructions, thus advocating for internal variability as a possible major player in shaping temperature changes through the millennium.
gli autori parlano di variabilità interna, sarebbero stati più concreti se avessero affermato la non conoscenza del sistema climatico.
scrivete: “Altra cosa è la deriva che ha preso la temperatura negli ultimi decenni e la cui velocità di crescita non ha paragone con nessun andamento del passato prossimo e remoto.”
anche questa vostra afferazione è contestabile, il rateo di crescita delle temperature nell’ultimo secolo è del tutto simile al rateo dal 900 al 1000 se i confronti si fanno correttamente cioè utilizzando solo i dati proxy
qui The extra-tropical Northern Hemisphere temperature in the last
two millennia: reconstructions of low-frequency variability
B. Christiansen1 and F. C. Ljungqvist2
la ricostruzione delle T dell’ultimo millennio secondo Christiensen 2011 che arriva fino al 2000 solo con i dati proxy
come mai non avete usato questa anzichè Mann del 1998 inserita nel 3° rapporto IPCC
Scrivete: “Se poi si considerano le proiezioni dell’aumento di temperatura a fine secolo, c’è un evidente cambiamento nella scala temporale delle variazioni.”
Spiace, ma come già detto 1000 volte se non si conoscono le forzanti che hanno guidato il clima nel passato le proiezioni hanno il valore degli oroscopi
@ Costa
gli autori parlano di variabilità interna, sarebbero stati più concreti se avessero affermato la non conoscenza del sistema climatico.
? Questa frase non ha senso. Non so cosa lei intenda con essere “concreti”, ma sta confondendo dei concetti basilari; provi a leggere quell’articolo senza avere in mente una tesi predefinita, forse riuscirà a capire il significato di quella frase
@ come mai non avete usato questa
perchè è relativa ad una parte inferiore, solo l’extra-tropical Northern Hemisphere.
Ce ne sono tante altre di ricostruzioni che dicono le stesse cose, anche l’articolo che ha linkato non dice cose molto divcerse, seppure su una zona più limitata; le due figure messe in fondo hanno anche un valore “storico” e soprattutto la prima appartengono alla storia del dibattito sui cambiamenti climatici, sono insomma un classico.
@ se non si conoscono le forzanti che hanno guidato il clima nel passato
certo, non sappiamo niente, non possiamo dire niente del futuro.. uff che noia, ma un corso di aggiornamento non riesce a farlo? queste cose le dicevano quindici anni fa…
@ Caserini
non penso che lei non mi abbia capito, però provo a spiegarmi meglio lo stesso.
Cosa ci dicono questi
http://www.clim-past-discuss.net/8/4003/2012/cpd-8-4003-2012.pdf
autori ?
cito così non si può dire che è una mia interpretazione: “If we rely on the information provided by multiproxy reconstructions, it is arguable that either the spatial pattern of changes for the MCA-LIA was largely influenced by internal variability, or that transient simulations fail to correctly reproduce the potential causal mechanisms of response to external forcing.”
In concreto: non sanno replicare con i modelli il clima dell’ultimo millennio e vorrei vedere le forzanti concosciute finora, mancano 700 anni su 1000.
Lo dicevano 15 anni fa….lo dicono adesso nel 2012 ancora di più. Più aggiornato di così!
Che la ricostruzione delle temperature e la simulazione non coincidano è evidente anche con la ricostruzione delle T di Mann 1999 ma lo è maggiormente con quella di Mann 2009 cito “The spatial pattern of the simulated response shows little resemblance with that obtained from reconstructions (Mann et al., 2009).”
ma soprattutto con la ricostruzione che ho citato cioè Christiansen e Ljungqvist 2012A ( la considerano anche se difetta della fascia tropiclae. Lo fanno loro, perchè non dovrei farlo io) che è l’ultima pubblicata e che è quella dove le differenze tra la simulazione delle T dell’ultimo millennio e la ricostruzione fatta con i proxy è massima.
Perchè non riescono a replicare il clima del passato?
– o perchè non conscono la stima delle forzanti o i meccanismi di amplificazione
– o perchè non sanno quantificare nè prevedere la variabilità interna
in concreto non conoscono il clima, anche perchè per giustificare la differenza delle temperature tra le ricostruzioni e le simulazioni con i modelli, con una variabilità interna dovrebbero dimostrare che codesta variabilità interna, che ha agito sia nel MWP che nella LIA, non abbia però agito nel periodo corrente visto che è enormemente dominato secondo le stime dalle forzanti antropiche, e visto che il periodo corrente è l’unico dove la ricostruzione delle temperature coincide con la simulazione. Questo da dimostrare è molto difficile è un vero mistero.
Ecco perchè se fossero stati più concreti avrebbero dovuto ammettere: non sappiamo nulla sul clima e quindi non siamo in grado di fare proiezioni cliamtiche.
E’ buffo vedere Costa usare i modelli che tanto disprezza per sostenere la tesi del momento, un modo abbastanza spregiudicato di usare la scienza e la logica. Per il passato non sappiamo nulla perchè ricostruzioni e modelli (secondo lui) non vanno daccordo. Per il presente, dove invece vanno daccordo, non possiamo dire nulla lo stesso.
Se i modelli sono tutti sbagliati non riprodurranno correttamente il clima in ogni caso; quindi non posso usarli per valutare la correttezza o meno delle forzanti. Ovvero, i modelli sono corretti e posso usarli per dire che le forzanti sono sbagliate; questo però implicherebbe che le proiezioni con gli scenari di emissione sarebbero giuste per definizione visto che le forzanti sono imposte. Se, infine, sia i modelli che le forzanti sono sbagliati, non puoi comunque usare i primi per smentire le seconde o viceversa, devo arrivarci per altra strada.
La verità è ovviamente quest’ultima, sono entrambi “sbagliati” come tutte le rappresentazioni della realtà. Per meglio dire, sono descrizioni approssimate della realtà da cui discende l’incertezza. Quest’ultima però non significa non sapere nulla, come alcuni vorrebbero farci credere; solo si traduce in un intervallo di valori plausibili e nella ricerca di ulteriori approfondimenti e miglioramenti di quanto sappiamo. Gli autori del lavoro che cita Costa, infatti, non usano i modelli per negare ma per comprendere. E’ manifestazione della differenza fra un negazionista e uno scienziato.
Io il link
http://www.clim-past-discuss.net/8/4003/2012/cpd-8-4003-2012.pdf
non riesco ad aprirlo: mi date la citazione corretta che lo cerco da altre parti?
comunque quello che non capisco del Costa e’ perchè si riduce sempre a cercare UN articolo da cui trarre conclusioni
la ricostruzione delle forzanti e delle T del passato l’hanno fatta tanti altri, anche su scale più lunghe
Hansen ci prende molto bene con conti piuttosto semplici: http://arxiv.org/abs/0804.1126
e ci riesce su 400.000 anni, che è molto pià importante di vedere le piccole variazioni negli ultimi 1000 anni
Vincenzo
l’articolo è ancora in discussione. Prova questo link.
Alcuni, fra cui Costa, non cercano un articolo da cui trarre conclusioni, stabiliscono prima l’obiettivo e cercano un articolo o anche una sola frase che sembrano supportarla. Come scrivevo prima, non cercano informazioni per comprendere ma per negare. Non a caso la sua “conclusione” è che “non sappiamo nulla sul clima”, cosa ovviamente assurda.
@ Reitano
mi sembra che qui a negare siano altri: ad esempio quelli che negano che ci sia mai stato un periodo caldo medioevale importante e diffuso su tutto il globo e con lo stesso rateo nell’aumento delle temperature del periodo corrente, equelli che negano che non vi sino forzanti a giustificarlo.
se l’errore sta nei modelli o nella stiam delle forznati o in entrmbe le cose per me, è relativo: i conti non otrnano.
@ Vincenzo strano a me il link si apre cmq:
L. Fernandez-Donado et al “Temperature response to external forcing
in simulations and reconstructions of the last millennium” Clim. Past Discuss., 8, 4003–4073, 2012 http://www.clim-past-discuss.net/8/4003/2012/
doi:10.5194/cpd-8-4003-2012
ma ti ringrazio del tuo link che vorrei citare: “If the present overshoot of this target CO2 is not brief, there is a possibility of seeding irreversible catastrophic effects”
Il verbo del catastrofismo Hanseniano!
l’argomento è un pò diverso e dal 2008 diciamo che il clima di sensibilità lo hanno limato non di poco!
http://www.sciencedaily.com/releases/2013/01/130125103927.htm
“Il valore centrale della sensibilità climatica trovato da questo gruppo di ricerca è 1,9°C per un raddoppio della CO2, con l’estremo inferiore collocato a 1,2°C e quello superiore a 2,9°C. Numeri sensibilmente più bassi e anche più realistici di quelli riportati nel 4° Report IPCC del 2007 ( e dal catastrofico Hansen testè citato) cioè 3°C il valore centrale, con 2 e 4,5°C come estremi”
Grande Riccardo, concordo con quanto scrivi.
Vedo che quel paper sarà dentro una special issue con tanti altri lavori sullo stresso argomento.
http://www.clim-past-discuss.net/special_issue63.html
Chissà che il nostro dott. vet. Costa se li legge tutti o aspetta che dai neghisti americani gli dicono in quale puo’ trovare le frasette che gli servono.
sulla sensitività, potremmo fare una scommessa su qualche valore centrale sarà proposto dal prossimo rapporto dell’IPCC, o se non va bene dalla NAS. Cosi’ per un altro annetto lasciamo illudere il dot. vet. con il suo link a science daily, ma alla fine almeno ci togliamo una soddisfazione, no?
Vincenzo
personalmente non sono in trepidante attesa di un nuovo numero per la sensitività climatica. Mi rifaccio all’intervallo oggi comunemente accettato di 2-4.5 °C che, vista l’ampiezza, non mi aspetto che cambi in modo significativo. E di certo non sarà un singolo nuovo lavoro con dei valori “in fascia bassa” a cambiarlo, come se non ne esistessero già altri. Anche in questo i negazionisti sono a senso unico, ritengono validi solo i lavori “tranquillizzanti” mentre gli altri vengono scartati e bollati come “allarmisti”. E’ un errore metodologico grave, da solo sufficiente ad essere “boociati in scienze”.
A tal proposito mi viene in mente un aneddoto che veniva raccontato a noi studenti. Un giovane ricercatore porta al docente un grafico con i punti sperimentali e la curca teorica. Il professore si sorprende e insospettisce per il troppo buon accordo fra dati e teoria. Nota una pila di fogli messa da parte e chiede cosa sia. Il giovane risponde candidamente che erano i dati che non stavano sulla curva teorica e che quindi aveva scartato. La storia non ha tramandato la reazione del docente ma credo che si possa facilmente immaginare. 🙂
@ Vincenzo
mi spiace bruciare un commento per rispondere al Vincenzo ma non resisto
e quando non sono peer review non vanno bene, e quando sono articoli su CM ch ecitano peer review non vanno bene, e quando sono peer review sono gli americani che la selezionano e solo per alcune frasette.
Davvero lei pensa che ci sia solo una peer review che stima il clima di sensibilità inferiore a 3°C nel valore medio e solo una peer review dove le comparazioni tra simulazioni e ricostruzioni sul clima del passato che non collimano?
purtroppo non ho molto tempo ma ho letto gli abstract che mi ha linkato
cito da qui
http://www.clim-past-discuss.net/8/3657/2012/cpd-8-3657-2012.pdf
la frasetta che però non è stata selezionata dagli americani
this paper, we have assembled a set of climate model simulations of the Last Interglacial, spanning 12 models of varying complexity, and 5 time-slices. We have compared the temperature anomalies predicted by the models with those reconstructed by Turney and Jones …..The models and data do not show good agreement, for all individual models and for the ensemble. In particular, the large values of annual mean temperature in the data are not replicated by the models
cherry picking o la ciliegina finale?
Costa
“Davvero lei pensa che ci sia solo una peer review che stima il clima di sensibilità inferiore a 3°C ”
l’ansia da prestazione fa brutti scherzi e la fretta mette la ciliegina sulla torta. Ho detto esattamente il contrario:
“come se non ne esistessero già altri.”
@CC
magari ti interessa…
http://climafluttuante.blogspot.ch/2013/02/millennium-iii-confronti.html
@ Costa
si, certo, ha letto gli abstract e ha capito tutto, come no, chissà perchè allora fanno pubblicare tutto l’articolo se non serbe leggerlo
che l’annual mean temperature non sia ben replicata lo sappiamo tutti … quello che dovrebbe aver capito è che a contare è la tendenza, saper ricostruire le variazioni nella loro dimensione climatologica
vede, il conto che fa Hansen nel link che le ho dato, e che lei si rifiuta di leggere perchè la testa la deve tenere ben sotto la sabbia, è molto semplice, lo puo’ rifare in un foglio excel
mette nelle prime due colonne CO2 e gli isotopi che le danno il livello del mare. Si calcola quindi la forzante della CO2 e dell’albedo (legato all’estensione dei ghiacci), quindi con la sensitività si calcola la T, e la confronta con quella ricostruita.
Arriva alla figura 1c… come vedi per molte annual mean temperature ci sono errori.. e ci mancherebbe, pero’ si distingue bene l’effetto delle forzanti.
Non so se lei ha mai usato un foglio excel, ma se sa usarlo ci provi, non è difficile
Questo è l’ultimo tentativo che faccio per farle capire, d’ora in poi la lascio alle sue certezze, non le rispondero’
Mi è venuto un dubbio. Costa cita un lavoro che mostra i modelli sottovalutare sistematicamente il riscaldamento e soprattutto dell’amplificazione polare. E non di poco, per l’ultimo interglaciale rispetto al pre-industriale i modelli calcolano 2 °C in più alle alte latitudini nord rispetto a circa 5-15 °C della ricostruzione utilizzata ed uno scarto medio su tutte le latitudini di 3.5 °C.
Non è che per caso Claudio Costa è un emissario segreto di Al Gore o di qualche gruppo eco-allarmista? Il risultato di far passare l’IPCC e simili per dei super moderati è notevole.
P.S. Costa non te la prendere, è solo ironia. Visto che hai raggiunto il limite dei commenti ho preferito chiudere così 🙂