Quinto rapporto IPCC: (molti) impatti, (poco) adattamento, (grandi) vulnerabilità
È stato pubblicato oggi il Secondo Volume del Quinto Rapporto di Valutazione sui Cambiamenti Climatici dell’IPCC, il volume dedicato gli impatti, all’adattamento e alle vulnerabilità
I 30 capitoli (2562 pagine) dell’intero rapporto sono disponibili gratuitamente qui, mentre qui sono disponibili le 26 pagine della sintesi per i decisori politici e qui le 3 pagine delle risposte alle domande più frequenti.
Molto utili per capire la rilevanza anche di questo nuovo volume dell’IPCC sono la Comunicazione del Focal Point IPCC, le presentazioni (di Sergio Castellari e Riccardo Valentini) e il bel video di spiegazione resi disponibili dal CMCC.
Non è certo possibile riassumere la grande mole di dati e informazioni contenute nel rapporto.
Di seguito alcuni estratti (in corsivo) e brevi commenti su alcuni puinti che meritano una riflessione.
.
Impatti sulla salute
“Anche escludendo l’anidride carbonica, alcune stime attribuiscono il 7% delle malattie ed altri rischi per la salute a scala globale ai gas climalteranti…”
“Vi sono dunque svariate politiche ambientali che, oltre a ridurre le concentrazioni di gas climalteranti, potrebbero anche giovare enormemente alla salute umana…”
“Infine, va notato che nelle regioni con un rapido sviluppo economico e sociale, gli impatti del cambiamento climatico sulla salute umana saranno ridotti, ma non eliminati”.
Anche per i pochi che ancora non credono al riscaldamento globale, le enormi conseguenze sulla salute umana dei gas climalteranti, nonché le milioni di morti premature che causano, dovrebbero essere ragione sufficiente per ridurre drasticamente le emissioni. A questo va aggiunto che nessuno deve sentirsi al sicuro: il rapporto spiega chiaramente che anche le regioni con elevati tassi di sviluppo sociale ed economico subiranno conseguenze. Il problema è quindi di tutti noi, indipendentemente da dove viviamo, e va affrontato immediatamente.
Grande diversità degli impatti
“Le persone e le società possono percepire o classificare i rischi e i benefici potenziali in modo diverso, in quanto hanno valori e obiettivi diversi.”
Il rapporto mostra, con un dettaglio molto più avanzato rispetto alle precedenti edizioni, come il riscaldamento globale farà vincitori e vinti, distribuirà in modo molto poco uniforme gli impatti e i benefici (anche in relazione alla diversa capacità di adattamento), ma globalmente gli impatti negativi sovrastano quelli positivi anche per un riscaldamento limitato.
Questo vale ad esempio per le produzioni agricole
“Sulla base di molti studi che coprono una vasta gamma di regioni e colture, gli impatti negativi dei cambiamenti climatici sulle rese dei raccolti sono stati più comuni degli impatti positivi. Il minor numero di studi che mostrano effetti positivi si riferiscono principalmente alle alti latitudini, anche se non è ancora chiaro se il saldo degli impatti è stato negativo o positivo in queste regioni”.
“…diversi periodi di rapido aumento dei prezzi alimentari e dei cereali conseguenti ad eventi estremi climatici nelle regioni produttrici indicano una sensibilità dei mercati, tra gli altri fattori, anche ad eventi climatici estremi.”
Un notevole cambiamento rispetto alle edizioni precedenti è l’enfasi sui rischi per la sicurezza alimentare, dovuta a cali nella produzione globale e regionale, con conseguente riduzione dei redditi nelle campagne, l’incremento dei prezzi e lo spiazzamento dei poveri, specie in aree urbane del Sud del mondo. Tutto questo fa passare in secondo piano una serie di aspettative di incremento in Siberia o in Canada, che avevano fatto per decenni parlare gli economisti di “benefici dei cambiamenti climatici”, in qualche modo controbilancianti gli effetti negativi. Ma mentre i secondi sono ben dimostrati, i primi non trovano riscontri. Questo cambiamento di tono non è senza ragioni: si è dimesso l’economista che, nel presiedere un sub-sub-comitato di redazione di tali parti, aveva tentato con forza di mantenere le parti sui “benefici” ma, come dichiara Pal Ward della London School of Economics, dei 19 diciannove studi che aveva recensito, solo 1 (il suo!) mostrava tali benefici.
Legame fra vulnerabilità e condizioni sociali
“Le differenze in termini di vulnerabilità ed esposizione derivano da fattori non climatici e dalle disuguaglianze multidimensionali , spesso prodotti da processi di sviluppo irregolari
Le persone emarginate socialmente, economicamente, culturalmente, politicamente e istituzionalmente sono particolarmente vulnerabili ai cambiamenti climatici… Questa vulnerabilità è raramente dovuta ad una sola causa. Piuttosto, è il prodotto di intersezione di processi sociali che si traducono in diseguaglianze nella situazione socio-economico e di reddito, nonché all’esposizione ai danni del cambiamento climatico. Tali processi sociali includono, per esempio, la discriminazione sulla base del sesso, della classe sociale, dell’etnia, dell’età o della disabilità.”
Potenziale di riduzione dei rischi grazie all’adattamento
Una caratteristica del Quinto Rapporto-WG2 è mostrare con figure molto chiare l’entità di diversi tipi di impatti attesi dai cambiamenti climatici, il livello di rischio e il potenziale di riduzione dei rischi grazie all’adattamento.
L’analisi è svolta a livello regionale; come si può vedere nelle figure seguenti, le differenze fra Africa e ed Europa sono rilevanti, ma in uno scenario con +4°C sono stimati in ogni caso impatti inevitabili rilevanti.
Testo di Stefano Caserini, Gabriele Messori e Valentino Piana
4 responses so far
Le politiche di adattamento dovranno generare piani di azione ed investimenti che favoriscano con priorità le popolazioni più svataggiate affinchè non aumenti ulteriormente la loro situazione di svantaggio.
Poichè è prevedibile che molti investimenti implicheranno forti impieghi di energia e materiali e quindi anche emissioni di gas serra, mi sembra fondamentale che si concordino le priorità di tali impieghi a livello internazionale.
Qualcuno ancora fa finta di non crederci…
http://www.tempi.it/report-ipcc-global-warming-terrificante-meno-credibile-film-horror-serie-b#.UzrQZah_v9o
@ Mauro Mussin
è vero… sembra che non ci creda davvero neppure chi le scrive quelle cose
Al di la dell’errore nello scrivere che il report è di 48 pagine (ce ne sono 2514 in più), la cosa divertente è la debolezza (e infondatezza) degli argoimenti con cui l’articolista di Tempi tenta di sminuire il valore rel rapporto IPCC, dove scrive:
“…tutto ciò avrà un impatto sul Pil globale in un range tra lo 0,2 per cento e il 2 per cento. Cifre ridotte se si pensa che l’ultimo report dell’Ipcc, datato 2007, ospitava la previsione dell’economista inglese Lord Stern, che invece quella perdita la stimava in maniera catastrofica tra il 5 e il 20 per cento.”
E’ facile verificare che nell’AR4 le cifre sono tutte diverse, erano citati tanti studi con un valore medio molto più basso di quello di Stern.
E per mostrare come “la politica ha iniziato a farci i conti” viene citato solo un articolo del visconte Matt Ridley sul WSJ.. insomma una informazione completa e accurata.
Questa sintesi che fate dei rapporti IPCC è davvero pregevole, grazie. Peccato che anche quest’anno i media abbiano dato poca rilevanza a queste cose.
Non capiscono che sono questioni da cui dipenderà lo sviluppo dei prossimi decenni e non solo il clima in cui vivranno le future generazioni.