Mitigare è possibile, ma va fatto presto e in profondità
È stata pubblicato in questi giorni il Terzo Volume del Quinto Rapporto di Valutazione sui Cambiamenti Climatici dell’IPCC, dedicato alla riduzione delle emissioni di gas climalteranti, detta “mitigazione”. Come detto in un precedente post, è un grande lavoro con numerosi importanti aspetti che meritano di essere commentati, come fatto in questo primo post.
Senza politiche più efficaci le emissioni crescono
Come indicato nella Sintesi: “Tra il 2000 al 2010, le emissioni di gas climalteranti sono cresciute di circa una gigatonnellata di CO2 equivalente all’anno. La crisi economica globale 2007-2008 ha ridotto le emissioni solo temporaneamente”. il mondo, nonostante tutte le politiche finora messe in campo, non si è avviato su un sentiero sistematico di riduzione.
“Gli scenari di base, che non comprendono mitigazione aggiuntiva, portano la temperatura media globale tra i 3,7°C e i 4,8° C in più nel 2100 rispetto ai livelli pre-industriali”, sforando l’obiettivo internazionale di 2°C condiviso nell’Accordo di Copenhagen e poi negli Accordi di Cancún (e a maggior ragione l’obiettivo di massimo 1,5°C chiesto dai paesi AOSIS che aspettavano appunto questo Quinto rapporto dell’IPCC per rivedere l’obiettivo nel 2015).
Per adempiere agli accordi già raggiunti, un’inversione di rotta s’impone.
Un accordo globale non è un optional
L’interesse individuale non mediato e concordato spinge all’incremento e non alla riduzione delle emissione. Sforzi unilaterali vengono resi inutili dall’incremento più che proporzionale delle emissioni di altri Paesi e di altre fasce socio-economiche. “Una efficace mitigazione non sarà raggiunta se gli agenti individuali avanzano i loro propri interssi in modo indipendente. I cambiamenti climatici hanno le caratteristiche di un problema di azione collettiva a scala globale, perché la maggior parte dei gas climalteranti si accumulano nel tempo e si mescolano globalmente. Le emissioni di ogni agente (individuo, comunità, azienda, paese) hanno un impatto sugli altri agenti. La cooperazione internazionale è quindi necessaria per efficacemente mitigare le emissioni e affrontare le altre questioni climatiche”.
Se l’accordo è giudicato equo, diventerebbe prima e più azione concreta
L’equità dell’accordo, sia tra le nazioni contraenti che all’interno delle nazioni tra le fasce socio-economiche, permette azioni più concrete ed efficaci, senza rimanere lettera morta. “L’evidenza dimostra che risultati negoziali considerati equi possono condurre a una cooperazione pù efficace”. Sarebbe quindi necessario utilizzare modelli che attribuiscano un valore differente ai benefici (e ai costi) sostenuti da individui diversi. Ma “tale ‘pesatura distributiva’ è raramente inserita nei modelli economici utilizzati per le pubblicazioni”. Vi è quindi un gap molto preciso in questo senso (il lettore interessato veda per questo pag. 4 della Sintesi).
L’intersezione tra politiche climatiche ed altri obiettivi della società rafforza le prime
“Se ben gestite, le intersezioni [con politiche di sviluppo sostenibile, come la sicurezza alimentare, la salute umana, la qualità dell’ambiente su scala locale, l’accesso all’energia] rafforzerebbero il supporto alle politiche di mitigazione”. Anche su questo tema, i modelli economici basati solo sul PIL, invece che integrare le varie dimensioni dello “sviluppo” e ancor meno lo “sviluppo sostenibile”, sono insufficienti: come da tempo sostenuto dall’Unione Europea, bisogna andare oltre il PIL (“beyond GDP”).
Nuovi approcci incominciano a portare frutti
“Il design delle politiche di mitigazione dovrebbe essere influenzato da come gli individui e le organizzazioni percepiscono il rischio e le incertezze. Vi sono evidenze per cui gli individui usano regole decisionali semplificate” (invece che le formule estremamente complesse basate sull’utilità neoclassica) “e mostrano una preferenza per lo status quo”, come indicato dalla nuova “teoria del prospetto” (prospect theory) dei premi Nobel Kahneman e Tverski. Occorre inoltre riconoscere l’eterogeneità degli agenti economici, poiché individui diversi mostrano parametri e regole decisionali differenti. Occorre quindi prendere in considerazione adeguata “i processi decisionali, le percezioni, i valori”. La stessa dotazione di “ricchezza” ne può costituire un presupposto materiale di tali elementi, coi ricchi che la pensano in modo diverso dai poveri. Tutto questo perché anche i cambiamenti negli stili di vita e nei comportamenti possono fin d’ora ridurre le emissioni di CO2 (ad esempio del 20% al 50% negli edifici residenziali, commerciali e di uso terziario). Le decisioni di acquisto di beni durevoli (es. una casa in classe energetica A) possono fare la differenza in tal senso.
Le scelte di oggi ci trascinano nel futuro (nel bene o nel male).
“Gli sviluppi infrastrutturali e i prodotti durevoli bloccano (‘lock in’) le società in percorsi di emissioni pluriennali, poiché non sono facilmente reversibili, il che rafforza l’importanza di un’azione urgente di mitigazione ambiziosa”. Di contro, imboccare presto la strada di parametri legislativi ed economici che rendono obbligatoria o molto conveniente le scelte a basse emissioni può fin da subito fare imboccare al mondo la traiettoria necessaria.
Dalle politiche aspecifiche a pacchetti di politiche settoriali mirate
Un ulteriore iato tra teoria economica a pratica di policy è individuata nell’enfasi che la prima pone su strumenti a-specifici (es. un prezzo mondiale unico per la CO2 o) e viceversa il proliferare di azioni settoriali specifiche, che riflettono priorità e circostanze nazionali, più efficaci se riunite in packages di misure complementari (contemporanee o in sequenza temporale). “Nonostante larga parte della teoria economica suggerisca che politiche che abbracciano l’intera economia per giungere ad un complessivo obiettivo di mitigazione sarebbero meno costose di politiche settoriali, dall’uscita del Quarto Rapporto dell’IPCC un crescente numero di studi ha dimostrato che barriere amministrative e politiche possono rendere più difficile delineare ed implementare le prime delle seconde. Queste ultime possono risultare più capaci di superare le barriere e i fallimenti del mercato specifici di certi setttori e possono essere integrate in pacchetti di politiche complementari”.
In particolare, l’IPCC lamenta che “i sistemi di cap-and-trade, stabiliti in numerosi Paesi e regioni dall’uscita del Quarto Rapporto dell’IPCC, hanno avuto un limitato effetto ambientale di breve periodo come risultato di tetti laschi (‘loose’) o tetti che non hanno dimostrato di essere stringenti” (si veda per la discussione di questo punto pag. 31 della Sintesi).
Testo di Valentino Piana.
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Con le parole di Pachauri di fronte alla Banca Mondiale:
The world has two basic tracks for keeping greenhouse gas emissions from rising dangerously high: take steady action now to taper off emissions, or allow emissions to increase over the next 10 to 20 years and then bring them down sharply, the head of the Intergovernmental Panel on Climate Change told a gathering at the World Bank ahead of Earth Day.
Delaying action raises the risks and the cost.
“If you allow emissions to increase, the impact of climate change will become progressively more serious, and the technologies that you would have to put in place to reduce emissions very sharply would be that much more expensive,” IPCC Chairman Rajendra Pachauri said as he gave the Robert Goodland Memorial Lecture, in honor of the World Bank’s first ecologist.
A Call for Behavior Change
“What we need is a major change. That is becoming increasingly apparent,” Pachauri said.
Addressing climate change requires a shift from the status quo, and that will require changing behaviors, mindsets, and how we value the planet, he said. We need to work with every stakeholder group, business to government, civil society to academia, and help everyone understand that we are all in this together.
http://www.worldbank.org/en/news/feature/2014/04/21/ipcc-chair-delaying-climate-action-raises-risks-costs
[…] sull’origine antropica dei cambiamenti climatici.Questo mentre l’IPCC continua a pubblicare corposi balenotteri che riassumono report e paper di cui sopra, i politici continuano a parlare di futuro e cambiamento […]
[…] sull’origine antropica dei cambiamenti climatici.Questo mentre l’IPCC continua a pubblicare corposi balenotteri che riassumono report e paper di cui sopra, i politici continuano a parlare di futuro e cambiamento […]