Gli imbrogli del prof. Pedrocchi
Il prof. Ernesto Pedrocchi ripropone errori e falsità sul tema dei cambiamenti climatici, incurante delle spiegazioni fornite. E con affermazioni senza fondamento si lamenta di due imbrogli inesistenti.
Sull’ultimo numero del Giornale dell’Ingegnere è andata in scena l’ennesima puntata della battaglia del prof. Ernesto Pedrocchi contro i dati e la scienza del clima (qui il testo).
Gli argomenti usati non sono nuovi, ma hanno avuto risalto sia per il titolo accattivante “CO2 e inquinanti, il grande imbroglio” in grande evidenza nella prima pagina del Giornale che ricevono le decine di migliaia di ingegneri iscritte all’Ordine, sia per il rilancio del blog Italians di Beppe Severgnini.
D’altronde, di questi tempi, chi non è interessato a capire i dettagli di un ennesimo imbroglio?
Come richiesto da molti, è con stanchezza e rassegnazione che mostriamo ancora una volta come non esista alcun imbroglio, che le tesi scientifiche del Prof. Pedrocchi sono dovute alla sua ignoranza della materia. D’altronde, il Prof. Pedrocchi è sì “Emerito” del Politecnico di Milano, ma si è sempre occupato di energia, e non ha alcuna competenza o pubblicazione nel settore della climatologia.
L’inizio dell’articolo è peraltro identico a quello pubblicato su Agi Notizie nel giugno del 2014: “Malgrado il continuo aumento della CO2 in atmosfera, la temperatura media globale (Tmg) della Terra da almeno una dozzina d’anni pianeta non cresce più, dopo aver un significativo aumento avvenuto dal 1980 al 2001”. Ne avevamo già mostrato gli errori in un precedente post che il prof Pedrocchi ha letto e commentato, evidentemente senza averlo capito. Negli ultimi 5 mesi l’argomento ha perso ancora più consistenza, perché ci stiamo avvicinando al nuovo record delle temperature globali. Il mese di settembre 2014, che come i precedenti aprile, maggio, giugno e agosto, ha fatto registrare un nuovo record delle temperature globali: è stato il settembre più caldo da quando esistono le misurazioni di temperatura. Sullo stesso sito della NOAA si sottolinea anche che gli ultimi dodici mesi – da ottobre 2013 a settembre 2014 – costituiscono il più caldo periodo di dodici mesi di tutto il dataset delle temperature medie mensili dal 1880, con l’anomalia osservata di 0,69 °C rispetto alla media del ventesimo secolo.
Anche la seconda frase “Questo aumento aveva indotto l’IPCC (Intergovernmental Panel of Climate Change) a promuovere la riduzione dell’uso dei combustibili fossili” è già stata scritta per AGI Notizie e contiene un altro errore basilare. L’IPCC non promuove nulla, indica solo cosa succederebbe in diversi scenari alternative future e cosa si dovrebbe fare se si volessero stabilizzare le temperature del pianeta: “The work of the organization is therefore policy-relevant and yet policy-neutral, never policy-prescriptive”. Al contrario di quanto afferma Pedrocchi, pertanto, l’IPCC non persegue dunque con determinazione alcuna strategia; in ogni caso, gli argomenti a sostegno della necessità della riduzione dei combustibili fossili evidenziati nel suo rapporto non sono certo l’aumento di temperature in una dozzina di anni, ma numerose prove che derivano dalla review di migliaia di articoli, riassunti con affermazioni quali: “Il riscaldamento del sistema climatico è inequivocabile, e dal 1950 molti dei cambiamenti osservati sono senza precedenti negli scorsi decenni e millenni. L’atmosfera e gli oceani si sono riscaldati, la massa di neve e ghiaccio è diminuita, il livello del mare è aumentato, e le concentrazioni di gas ad effetto serra sono aumentate”.
Secondo Pedrocchi “il legame tra emissioni antropiche di CO2 e Tmg risulta sempre più incerto”, mentre alla comunità scientifica risulta invece “molto probabile che l’influenza antropogenica, in particolare dei gas a effetto serra e dell’impoverimento dell’ozono stratosferico, abbia un osservabile riscaldamento della troposfera e ad un corrispondente raffreddamento nei livelli inferiori della stratosfera dal 1961”.
Anche ad altri argomenti (“la CO2 segue l’aumento delle T nelle glaciazioni”), abbiamo già risposto.
Questa volta manca la solita bufala dell’influenza delle macchie solari sul clima, ma è stata sostituita con idee sbagliate sul livello del mare che “non mostra particolare segni di accelerazione” (non è vero).
Gli imbrogli citati anche nei titoli dell’articolo sarebbero due. In prima pagina, sarebbe un imbroglio confondere CO2 con gli altri inquinanti. Ora, è scontato che ci sia un legame fra emissioni di CO2 e di inquinanti locali, che sono tutti emessi dalle combustioni fossili. È un legame che è affrontato in tutti gli scenari delle emissioni, e nelle politiche di mitigazione. Inoltre, la scienza del clima studia da anni come anche le emissioni di composti tipici dell’inquinamento locale dell’aria (NOx, SO2, COV, black carbon) abbiano effetti climalteranti. È uno dei progressi negli ultimi 10 anni, ben riassunto nei capitoli 7 , 8 (per la disamina fisico-chimica degli effetti e gli impatti sul sistema climatico) e 10 (per l’attribuzione) del WGI e nel capitolo 11 (per gli aspetti legati alla salute) del WG2 del Quinto Rapporto, e presente anche nel Sommario per i decisori politici “Le emissioni di gas con brevi tempi di vita nell’atmosfera contribuiscono al forzante radiativo (RF) antropogenico totale. Le emissioni di monossido carbonio è praticamente certo che abbiano indotto un RF positivo, mentre le emissioni di ossidi di azoto (NOx) è probabile che abbiano indotto un RF netto negativo”.
Nella pagina seguente, il secondo imbroglio sarebbe la confusione fra clima globale e locale: “è in atto un grave processo di disinformazione che tende a confondere il clima globale con quello locale”. Ora, è ovvio che il clima locale (es. della pianura padana) sia legato a quello globale: come potrebbe essere altrimenti, visto che l’atmosfera è la stessa? Il clima globale è la somma di tanti climi locali. Per dirla con il Synthesis Report dell’IPCC-AR5: “I forzanti antripognici I forzanti di origine antropica hanno probabilmente dato un contributo sostanziale agli aumenti della temperatura alla superficie a partire dalla metà del 20° secolo su tutti i continenti eccetto l’Antartide”.
Insomma, gli unici imbrogli che si possono ravvisare sono gli scritti del prof. Ernesto Pedrocchi, che approfittando della parvenza di competenza che deriva dal titolo di “Professore emerito del Politecnico di Milano” diffonde le solite storielle del negazionismo climatico, ostinatamente ignaro del fatto che la comunità scientifica le abbia da anni smentite.
Testo di Stefano Caserini, con i contributi di Claudio Cassardo e Sylvie Coyaud
35 responses so far
sempre in tema di cambiamenti climatici, leggo sul numero odierno de ‘Il Sole 24ore’ un intervento di Jacopo Giliberto (autore di articoli pro-trivelle sullo stesso quotidiano), nel quale nega un rapporto diretto tra i cambiamenti climatici e le alluvioni che stanno martoriando l’Italia in questi giorni, affermando che ‘se il clima cambia è difficile leggerlo sulla piccola scala locale e sui pochi decenni della nostra memoria’, e ‘che la stessa incertezza si rileva su scala mondiale, visto che il nuovo rapporto dell’IPCC dice che non si osservano tendenze significanti all’aumento delle precipitazioni intense’.
Continua inoltre asserendo che ‘si sospetta una tendenza a una concentrazione dei fenomeni climatici, tendenza che potrà essere confermata solo dopo molti anni di rilevazioni: per esempio piogge più intense in periodi più brevi.’
Da quello che ho letto in questi anni, ritenevo che le”letture”, le”incertezze” e le “tendenze” di cui parla Giliberto fossero invece ormai fenomeni ormai acquisiti ed esplicitamente dichiarati dallo stesso IPCC,che nel rapporto del 2013 indica l’area mediterranea come zona a rischio di eventi atmosferici estremi, e adesso leggo, grazie un tifoso dei fossili, che tutti gli studi prodotti in questi anni sul clima non sono sufficienti per stabilire con certezza il cambiamento in atto…
C’e’ di peggio, ragazzi !
Guardate i negazionisti fino a che punto arrivano a mentire
daltonsminima.altervista.org/2014/11/05/la-bufala-del-riscaldamento-globale
Addirittura ghiacciai in estensione del 40%, record di freddo termici e 90% di possibilita’ comprovata (da chi ?) di andare incontro a una nuova PEG imminente….
Senza parole….
Dovreste stare attenti ad affibbiare ad una persona la volontà di imbrogliare,
anche se il titolo dell’ articolo originario (chissà se dell’ autore o del redattore) riportava la parola “imbroglio” (ma ripetere un errore del “nemico” non è una scusante).
Pedrocchi lo conosco personalmente avendolo avuto come professore di Fisica tecnica al Poli tanticchia anni fa.
E’ piuttosto palese che non ne sappia granchè (in maniera eufemistica) di climatologia e riporti argomenti diffusi da altri. Ma sono convinto che lo faccia in buona fede e senza secondi fini. Tra l’ altro è sempre stato un convinto nuclearista e, come ricorda nell’ articolo, il ricorso a centrali nucleari sarebbe ovviamente un modo efficace per ridurre le emissioni di CO2.
Il problema di Pedrocchi (ma è in abbondantissima compagnia) è quello tipico di chi ha una mentalità scientifica di tipo “scientista”:
si considera in automatico in grado di distinguere cosa è scienza da cosa non lo è per il fatto che le sue conoscenze scientifiche “di base” sono solide e validate nel corso di una vita senza capire che la specializzazione scientifica è preponderate rispetto a ciò ed è facile auto-ingannarsi su argomenti non studiati in profondità pensando di avere la scienza dalla propria parte e che chi la pensa in maniera diversa è anti-scientifico.
E’ successo lo stesso anni fa al povero Bellone proprio su questo tema
e succede regolarmente su molti altri temi (dalla genetica all’ economia) a tanti bravi scienziati compresi premi nobel quando “la fanno fuori dal vaso” senza accorgersene.
P.S: sul non considerare il CO2 un inquinante ambientale in senso stretto (come gli NOx ad esempio), Pedrocchi ha le sue ragioni, essendo l’ utilissimo biossido di carbonio un climalterante (e molto altro).
Gent. Alberto, nell’articolo scritto dal Prof. Pedrocchi si legge che “è in atto un grave processo è in atto un grave processo di disinformazione” e nel finale che “i sostenitori della natura antropica del cambiamento climatico”… promuovono “una confusione che onestà mentale e rigore scientifico non dovrebbero accettare” .
Quindi non c’è affatto da sorprendersi se poi i redattori del Giornale dell’Ingegnere hanno titolato due volte con la parola imbroglio: il senso è quello, l’accusa di disonestà intellettuale che muove agli altri studiosi è evidente.
Quello che vuol dire l’articolo è che queste accuse sono infondate e le rispediamo al mittente.
@Stefano: io non mi sono sorpreso, ero solo dispiaciuto perché conosco Pedrocchi ed oltre ad essere assai competente nel suo campo (che NON è la climatologia) è davvero una brava persona. .
Come non mi sorprendo (confermano quanto dicevo sull’ atteggiamento scientista) dell’ emotività di frasi tipo “Quello che vuol dire l’articolo è che queste accuse sono infondate e le rispediamo al mittente” che mi ricordano molto gli scambi di complimenti tra nuclearisti / antinuclearisti, ogmofili / ogmofobi etc.
Però il taglia e cuci dell’ articolo di Pedrocchi (gran parte, ma non tutti, dei contenuti del quale considero sbagliati) non è un bell’ esempio di “oggettività” spassionata.
Infatti basta citarli per esteso
A) “Ora è in atto un grave processo di disinformazione che tende a confondere il clima globale con quello locale”
B) “In conclusione pare però di rilevare che, in assenza di una chiara connessione tra emissioni antropiche di CO2 e Tmg sia in atto da parte dei tanti sostenitori della natura antropica del cambiamento climatico, un tentativo di legare il clima globale con il clima locale e le emissionidi CO2 con lel emissioni di inquinanti veri e propri, promuovendo una confusione che onestà mentale e rigore scientifico non dovrebbe accettare”
per capire che contengono argomenti (senz’ altro criticabili) e non solo accuse infondate.
L’ assunto A tra l’ altro è stato utilizzato alla nausea dai negazionisti:
ogni volta che nevicava un poco più del solito in valpadana o in emilia si sprecavano gli articoli con foto di paesaggi ghiacciati e titoli sarcastici sul global warming.
@Alberto
Beh, l’emotività è parte di tutti noi, e quando scriviamo fuori dalle riviste scientifiche è inevitabile che traspaia; ma cerchi di capire la stanchezza del dover leggere ancora questi articoli in cui si mette in dubbio il legame fra CO2 e temperature, si paventano “gravi processi di disinformazione” e si citano l’“onestà mentale e rigore scientifico”.
Ho citato un estratto perché per fa capire in che cosa consiste il “grave processo di disinformazione” avrei dovuto riportare metà articolo, o ripetere quello che c’è già scritto nel post.
Ma il punto che Pedrocchi non scrive “secondo me il clima globale non è connesso al clima locale”, lancia l’accusa dell’esistenza di un “processo di disinformazione”, che è cosa ben diversa. È questa la cosa grave, che i redattori hanno rilanciato.
Quello che respingiamo come infondata è questa tesi che sia in corso questo processo di disinformazione, e che ci sia chi promuove “una confusione che onestà mentale e rigore scientifico non dovrebbe accettare” .
Poi, sugli argomenti siamo abituati a discutere e le critiche alle tesi scientifiche le abbiamo già scritte in passato (sono linkate nel post).
Davvero incredibile quanto scritto qui sopra, soprattutto riferito ad un serio scienziato e professionista. Evidentemente gli interessi speculativi per taluni giustificano tutto.
Intanto sarebbe utile osservare i numeri anzichè le teorie:
“Sorpresa: i disastri naturali diminuiscono” uscito su La nuova bussola quotidiana:
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-sorpresai-disastri-naturali-diminuiscono-10717.htm
Un altro interessante articolo che merita un approfondimento:
http://www.ilfoglio.it/articoli/v/122918/blog/piu-aumenta-la-co2-meglio-si-vive-il-cato-sfida-i-catastrofisti-del-clima.htm
@anna
cara Anna,
quindi, per lei, va bene che uno scienziato e professionista possa permettersi di accusare di frode migliaia di scienziati, mentre e’ incredibile che qualcuno gli risponda nel merito facendo notare l’assenza di argomentazioni serie?
Mi sembra un mondo alla rovescia, ma e’ un mio parere, sia chiaro…sull’articolo de Il Foglio, sorvoliamo, le sara’ sfuggito sciuramente la parte in cui lo stesso giornalista anti scienza ricorda che il Cato e’ una diretta costruzione di Big Oil and friends
Anna
i numeri di per sé non dicono nulla se non sono contestualizzati, cioé se non si capisce cosa rappresentano. Sei andata a guardare come vengono categorizzati i disastri di cui parla Mariani e gli espliciti caveat? Non credo, così come sembra che Mariani stesso non se ne sia preoccupato. In questo modo i numeri non solo non sono utili ma, peggio, sono fuorvianti.
E da quando in qua per le questioni scientifiche si approfondiscono gli articoli sui giornali, scritti da un laureato in giurisprudenza, che sceglie di copiare acriticamente lo scritto non scientifico di uno ufficialmente pagato da “big coal”?
Queste persone, sia Mariani che Vietti, fanno un disservizio ai loro lettori. Questi ultimi, però, potrebbero anche sviluppare un minimo di spirito critico.
Pedrocchi ripete da anni le stesse cose, ci sommetto che non legge un articolo scientifico da tanto tempo, eppure senza problemi scrive e parla nei convegni spacciandosi per un esperto. Io la trovo una cosa scorretta, innanzitutto verso chi gli ha dato il titolo di emerito (ma si sa che in campo accademico non ci si pesta mai i piedi…)
Non capisco chi come Alberto trova del tutto normale che uno che non sa niente sul tema si metta a pontificare e a accusare gli altri di essere confusi e disonesti. Vabbè l’età, il Pedrocchi è alquanto anziano, ed è questo che magari lo porta a leggere poco, ma il problema di questo nostro paese è ch nessuno si assume le sue responsabilità, e se dice una cosa falsa o una stronzata chiede scusa. No?
O forse il problema è chi gli da spazio, quel giornale degli ingegneri o chi lo invita ai convegni.
Ciao Ciao
PS
Il Mariani è sempre un mito… il massimo che riesce a citare è la croce rossa e wikipedia. l’IPCC scrive 1000 pagine di review… meglio non leggerle… meglio un report a caso di croce rossa e mezzaluna rossa
Antonio
l’obiettivo dello studio della Croce Rossa è l’efficienza degli interventi di soccorso nelle zone colpite e le influenze culturali e religiose nella capacità di ricostruzione e/o adattamento. Prendono in considerazione solo eventi che colpiscono zone popolate, basta guardare i criteri che usano nella selezione degli eventi. Non è quindi lo studio in sé a non andare bene, solo bisognerebbe leggerlo prima di citarlo a sproposito.
Intanto…
Sono contento abbiate letto la mia preoccupante segnalazione sul giornale dell’ordine degli ingegneri.
Ora faccio un’altra preoccupante segnalazione!!!!! Questa volta molto pericolosa!
Il CICAP, sotto spinta del famoso Sergio Pinna, https://www.cicap.org/new/stampa.php?id=274059
e la divulgazione presso università:
http://www.unipi.it/index.php/lista-comunicati-stampa/item/5101-la-falsa-teoria-del-clima-impazzito
“Famoso Sergio Pinna”
famoso dove? per cosa?
Concordo con la necessaria risposta della redazione. Consiglierei a chi ha scritto quella lettera di non travisare il significato del concetto di consenso nella scienza. Ogni singola teoria scientifica tende, nel tempo, ad aumentare la sua approvazione fino a raggiungere un livello di consenso, oppure viene gradualmente abbandonata. Il consenso, nella scienza, implica una consilienza e una preponderanza di evidenze atte a dare la migliore spiegazione possibile di ciò che è sempre ritenuto provvisoriamente non falso; e non – come sembrerebbe fare intendere ingenuamente la lettera – una decisione per alzata di mani. Ovviamente per raggiungere questo livello di concordanza, la scienza si serve di strumenti molto rigorosi di controllo e questa strategia è ciò che la rende aperta e che ne permette l’evoluzione attraverso il fondamentale principio della falsificabilità.
Constato, altresì, che fra chi ha scritto quella lettera ci sono solo 4 climatologi o fisici dell’atmosfera su 16, dei quali uno con expertise in urban climatology e urban planning e un altro con 0 citazioni e H Index 0. Un po’ poco, in effetti.
@M.M.Paglia
Del link cicap condivido senz’altro il punto 7:
“7. I GCM (General Circulation Models) con cui vengono sviluppati gli scenari IPCC dovrebbero essere validati usando insiemi di dati indipendenti. Galileo ci ha insegnato che il criterio di verità scientifica è l’accordo con la realtà, non quello con altri modelli. Inoltre, i risultati di tali modelli rendono difficile applicare un criterio di falsificabilità. Basta demandare il verificarsi della previsione a un futuro remoto e l’eventuale discrepanza con i dati osservati ai valori usati per certi parametri, che nel frattempo possono essere opportunamente variati.”
agrimensore g
Il punto 7 è falso e glielo avevamo già detto. L’accordo con la realtà vale per le osservazioni, la scienza è probabilistica da un bel po’ – a cominciare dalla meteorologia.
I GCM sono calibrati/validati con molti metodi e i modelli che contengono pure, una volta pubblicati insieme ai dati, sono verificati (ognuno è un esperimento oltre che uno strumento) da autori di modelli rivali, per es. nel Coupled Model Intercomparison Project.
Esistono dagli anni ’60, la tendenza climatica si calcola su 20-30 anni. Adesso che futuro remoto è passato da un bel po’, quali previsioni non vanno d’accordo con la realtà osservata, secondo lei? Dagli anni ’60 la stratosfera si riscalda? Le T notturne aumentano meno di quelle diurne? I ghiacciai avanzano e il livello del mare si abbassa?
@agrimensore g
“…gli scenari IPCC dovrebbero essere validati usando insiemi di dati indipendenti. Galileo ci ha insegnato che il criterio di verità scientifica è l’accordo con la realtà, non quello con altri modelli…
Condivide con troppa facilità, secondo me. Dovrebbe sapere bene che (anche) in climatologia un dato indipendente non è mai possibile ottenerlo senza un modello che ne permetta l’acquisizione. Senza modelli, nessun dato ricavato da osservazioni, dunque nessun accordo con una fantomatica realtà impossibile da osservare senza un modello. Con buona pace dello stesso Galilei.
steph
non te la prendere con Galilei, sono i nostri contemporanei che lo citano che non hanno ancora realizzato quanto sia cambiata la scienza da allora 😉
@oca sapiens
“Esistono dagli anni ’60…”
Le temperature di oggi sono all’incirca quelle previste allora? Più in generale, esiste ed è consultabile, un confronto quantitativo tra quanto previsto allora e quanto realmente accaduto? Se sì, le sarei grato per l’indicazione su dove trovarlo, altrimenti continuo a pensare che i modelli GCM non siano adeguatamente verificati.
“sono verificati (ognuno è un esperimento oltre che uno strumento) da autori di modelli rivali, per es. nel Coupled Model Intercomparison Project”:
Appunto, non sono confrontati con la realtà, proprio la critica che fa il CICAP (“il criterio di verità scientifica è l’accordo con la realtà, non quello con altri modelli”, nemmeno se “rivali” aggiungo io)
In sostanza, perché dovremmo escludere che questi modelli possano essere affetti da un bias, dovuto a mancanza/carenza di comprensione di processi/feedback, che incide significativamente sul trend?
@Steph (e Reitano)
Suppongo sia lecito interpretare il suo commento come la posizione ufficiale di Climalteranti. Sia lei sia Reitano, che mi sembra abbia sostenuto il suo commento con la battuta successiva, appartenete al team di Climalteranti, quindi, in assenza di ulteriori commenti da parte di altri collaboratori al blog, immagino sia condiviso da Climalteranti anche che “nessun accordo con una fantomatica realtà (nota mia: complimenti per l’ossimoro!) impossibile da osservare senza un modello”.
agrimensore
immagina male, i commenti sono personali.
agrimensore g,
“il criterio di verità scientifica è l’accordo con la realtà, non quello con altri modelli”, nemmeno se “rivali” aggiungo io
Infatti il paragone con modelli rivali serve a identificarne i punti di debolezza e di forza nei metodi di calibrazione e nella parametrizzazione (per es. il peso dato agli aerosol vulcanici o all’ENSO)
Le avevo già fornito i link ai papers di Manabe e di altri. Qui ne trova altri insieme ai confronti con la realtà osservata decenni dopo.
Ma è inutile. Lei ha già visto che i modelli non sono “in accordo con la realtà”, ovviamente, o non avrebbe motivo di ritenerli inaffidabili. Quindi ci dica lei per favore, dove ha visto che nella realtà, da 60 anni la stratosfera si riscalda, le T non aumentano, i ghiacciai avanzano e il livello del mare si abbassa – altre previsioni a richiesta…
@agrimensore g
Perché spreca 4 righe per chiedersi e supporre se sia lecito interpretare posizioni ufficiali etc etc etc? Cosa cambierebbe, nel caso?
Fantomatica realtà: non riesce proprio a cogliere l’ironia di fondo?
Nel merito della sua domanda: guardi che confrontare gli scenari dei modelli con la realtà significa confrontarli con un set di dati ottenuti mediante modelli. Non se ne è mai accorto? Mi pare molto ingenuo dimenticarsi del fatto che non esiste osservazione senza osservatore e, per estensione, senza modelli non ci possono essere dati. Nessuna osservazione è possibile e diventa globale nel tempo e nello spazio senza che venga trattata da una serie di modelli numerici.
Giusto per puntualizzare una questione che rasenta la fallacia logica (la contrapposizione che leggo spesso fra modelli si simulazione e realtà).
Per il resto, concordo con oca e aspetto anch’io le sue risposte.
@oca sapiens
Anziché il confronto quantitativo richiesto lei continua a fornirmi link che contengono affermazioni qualitative. E anche le sue domande sono dello stesso tipo. Potrei rispondere che i ghiacci marini antartici aumentano, e che la diminuzione di quelli artici è stata sottostimata. Ma il punto è se il trend individuato dai modelli sia corretto. Certo che le temperature sono aumentate, ma secondo con quanto previsto (previsto: visto prima) dai modelli?
Comunque, dal capitolo 9 WGAR5:
“The annual mean surface air temperature (at 2 m) is shown in Figure 9.2(a) for the mean of all available CMIP5 models, and the error (..) is shown in Figure 9.2(b). In most areas the multi-model mean agrees with the reanalysis to within 2°C, but there are several locations where the biases are much larger”
Mi sembra già un’enormità un bias di 2 gradi. E ancora:
“However, an analysis of the full suite of CMIP5 historical simulations (augmented for the period 2006–2012 by RCP4.5 simulations, Section 9.3.2) reveals that 111 out of 114 realizations show a GMST trend over 1998–2012 that is higher than the entire HadCRUT4 trend ensemble (…) This difference between simulated and observed trends could be caused by some combination of (a) internal climate variability, (b) missing or incorrect radiative forcing and (c) model response error.”
Potrà essere l’opzione (a) o (b), però così i modelli non sono validati.
Ma ciò che trovo frustrante è che nei vari grafici/considerazioni, le hindcast sono messe insieme alla prediction (o projection?). C’è un’immagine/tabella/dati dove si chiarisca che il tale modello, o anche l’ensemble, ha elaborato in una certa data, per un certo scenario di emissione CO2, producendo un risultato per gli anni futuri, e successivamente tali previsioni sono state confrontate con i dati osservati dal mondo reale?
@Steph
Prendo atto che per lei, secondo quanto ha argomentato, “senza modelli non ci possono essere dati”.
@agrimensore g
“Prendo atto che per lei…”
Non per me. Forse sarebbe utile che si informi un po’. Facciamo un esempio e prendiamo i dati satellitari, visto che ne aveva parlato un po’ di tempo fa. Lo sa come si fa ad ottenere una serie di dati di temperatura dell’alta troposfera mediante rilevamenti satellitari? C’è una pagina persino su wiki .
Prendiamo i dati di T a 2m: come pensa che escano le serie di GISS o HadCRUT ?
Prendiamo il progetto delle Reanalisi del 20esimo secolo (lei le cita pure come dati osservati dal mondo reale da comparare con le simulazioni dei modelli, vedi cit. dal capitolo 9 WGAR5): come pensa che vengano elaborate queste serie di dati?
Suvvia, non sia ingenuo.
Non stiamo ovviamente parlando degli stessi modelli con i quali si calcolano gli scenari futuri, ma per sua informazione le comunico che sono gli stessi tipi di modelli.
Oggi, ogni dataset globale credibile, senza eccezione, viene elaborato, filtrato, corretto, e in parte pure generato da modelli. Se ne faccia una ragione.
“…e successivamente tali previsioni sono state confrontate con i dati osservati dal mondo reale?”
Le avevo già segnalato qualcosa. Oltre al mio post, guardi ad es. Knutti et al. 2013, Knutti et al. 2010, Gleckler et al. 2008, Reichler and Kim 2007,…
@steph
I dati grezzi esistono indipendentemente dai modelli. I satelliti forniscono misure, anche se non sono direttamente quelle temperature, quindi dati, che esistono indipendentemente dai modelli.
Passando agli articoli da lei indicati, ho dato una prima occhiata a quello di Gleicker e quello di Reichler/Kim (Knutti era a pagamento). Non ho trovato quello che cercavo, cioè la verifica di output di modelli a fronte di elaborazione del 19xx confrontati nel 20xx con i dati reali. Però nel secondo ho trovato questo paragrafo:
“Several important issues complicate the model validation process. (…) Climate models must be compared against present (e.g., 1979–99) or past climate, since verifying observations for future climate are unavailable. Present climate, however, is not an independent dataset since it has already been used for the model development.”
che è proprio il sunto della mia perplessità sui modelli del clima.
Infatti, verificando oggi, in maniera quantitativa, l’output di modelli con elaborazione nel 19xx il “present climate” sarebbe un “independent dataset”. E, tra l’altro, è quanto implicitamente richiede il Cicap.
agrimensore g,
Anziché il confronto quantitativo richiesto lei continua a fornirmi link che contengono affermazioni qualitative.
Non è vero: trova i papers quantitativi (previsioni vs osservazioni) nella colonna di destra e anche le mie domande sono quantitative.
c’è un immagine/tabella/dati
Ne escono ogni giorno, una ieri su Real Climate per la T globale. La può confrontare da solo con l’aumento decennale di 0,15° C previsto dalla media dei modelli negli anni ’80, rif. primo rapporto IPCC.
Le hindcast sono proiezioni, perché non devono farne parte?
Ma il punto è se il trend individuato dai modelli sia corretto
Certo, per questo le chiedevo quali dati mostrano che dagli anni ’60 le temperature calano insieme al livello del mare e i ghiacciai avanzano.
Invece di rispondermi, parla dei nuovi modelli a 10 anni di cui gli autori stessi dicono che non sono né validi né validati.
@Steph Sergio Pinna è famoso per questo 🙂 https://www.google.it/webhp?sourceid=chrome-instant&ion=1&espv=2&es_th=1&ie=UTF-8#q=Sergio%20Pinna%20cambaimenti%20climatici
convengo su quanto detto.
@agrimensore g
“I dati grezzi esistono indipendentemente dai modelli”…
…ma devono necessariamente essere elaborati, filtrati, corretti, e in parte pure generati da modelli per ottenere serie di dati osservati, come le già detto. Non mi faccia ripetere banalità di cui può benissimo rendersene conto da sé, se solo lo volesse.
Le risponderò nel merito del resto delle sue perplessità quando deciderà di informarsi.
@Mirko
“Sergio Pinna è famoso per questo…”
Quindi sull’irrilevanza, nel merito. Come subodoravo.
@oca sapiens
Non ho mai detto che le temperature calano, viceversa mi domando se aumentano in maniera compatibile a quanto previsto.
Per il resto, non posso smentire la previsione di Alberto (mi spiace essere criptico ma non ho tempo di partecipare a tanti blog), a parte il fatto che non affermo che i modeli sbaglino ma che non sia provato che funzionino abbastanza bene.
P.S. (anche per Steph): se discutendo con me intendete supportare affermazioni con link ad articoli, cortesemente, anzichè fare riferimento a vari articoli, potreste indicarne uno o due per volta (nella netiquette è previsto un link, ma so che il limite non vale per i chi fa parte del team) magari indicando la pagina o riportando il paragrafo per voi più significativo? Credo che anche i lettori occasionali ne trarrebbero beneficio, io non ho tempo di leggere attentamente vari articoli per scovare a cosa intendete fare riferimento. Cerco sempre di leggere l’abstract, che non è a pagamento, poi mi soffermo su un numero limitato di articoli. Tra l’altro, mi capita spesso, leggendo paper linkati senza altro riferimento, di aver l’impressione che il lavoro supporti la mia tesi anzichè la vostra: con un’indicazione precisa sul capitolo o paragrafo forse non avrei questa impressione.
@agrimensore g
Per tutte le sue questioni recenti (vedi risposte a oca e al sottoscritto, tranne naturalmente la diatriba modelli usati per simulazioni vs modelli usati per ottenere serie di dati osservati), le consiglio il capitolo 9 dell’AR5-WG1. In particolare il box 9.2. C’è anche un link ai soli grafici: guardi per es. la FigBox9.2-1 o la Fig9.44.
“a parte il fatto che non affermo che i modeli sbaglino”
nel caso, è lei a sbagliare, perché i modelli sbagliano ma alcuni meno di altri e perciò sono più utili. Sarà anche una mera questione formale, ma mi pare che lei pretenda cose che i modelli non possono (ancora?) fornire. Sto parlando di proiezioni quantitative attendibili in un contesto temporale dominato dalla variabilità interna (da pochi anni a uno-due decenni).
“e discutendo con me intendete supportare affermazioni con link ad articoli, cortesemente…io non ho tempo di leggere attentamente vari articoli…”
perché dà per scontato che altri invece ce l’abbiano, il tempo? Tutti – chi più chi meno – siamo confrontati con n altre attività. Se vuole che le si legga gli articoli per lei e che le si faccia una sintesi aggiornata, ha due possibilità:
o si informa presso fonti sicure che fanno del tramite fra la ricerca e l’informazione pubblica la loro ragione d’esistenza (mi riferisco ad es. a blog come questo o come realclimate che è gestito da persone molto competenti con expertise nel ramo e che solitamente sono anche attivi nella ricerca e/o nell’insegnamento universitario…) oppure paga qualcuno per farle questo lavoro. Non credo che esistano sprovveduti che lavorino gratis per mero spirito di sacrificio.
@steph
Va bene, leggerò attentamente ogni volta tutti i vari paper linkati per scovare tra le pagine a quale parte si riferisce il suo commento, non si prenda il disturbo di metterla in evidenza.
Per conto mio, se dovessi indicare qualche lavoro, continuerò a citare con un copia/incolla il paragrafo che mi sembra più significativo per cercare di evitare, per quanto possibile, malintesi.
Quinto e ultimo commento su questo post.
Quest’articolo è del 2014, siano nel 2021 e questa persona ancora fa disinformazione usando gli stessi vecchi argomenti. Siccome abbiamo visto tanto virologi negazionisti del Covid 19 eppure i nuovi haters dell’agricoltura biologica, allora mi vieni da pensare. Chi induca a questi cosa dire? Questione di soldi come nel caso del tabacco tanti anni fa? In un periodo in cui diverso scienziati sono stati pagati per produrre articoli che negarono i suoi effetti nocivi? Non credo che siano in buonafede.
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