Accordo di Parigi: cosa significa “legalmente vincolante”?
“Lo scorso 12 dicembre è stato raggiunto, alla COP21 di Parigi, un nuovo accordo sul clima nell’ambito dei negoziati della Convenzione Quadro della Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC). Un trattato internazionale il cui testo è stato approvato all’unanimità da tutti i Paesi membri dell’ONU e che, quando entrerà in vigore, superate alcune soglie minime di numero e dimensione dei Paesi ratificanti, sarà legalmente vincolate per i firmatari. Su tale aspetto, come già avvenuto in passato, al termine della conferenza si è acceso un dibattito a livello internazionale: cosa significa “legalmente vincolante” e, soprattutto, tale carattere è sufficiente a garantire l’attuazione e dunque la reale efficacia dell’Accordo?
Questione di prospettive
La questione era in realtà già emersa qualche settimana prima della COP21, con un piccolo incidente diplomatico che vide protagonisti il Presidente francese Hollande ed il Segretario di Stato americano Kerry: il primo dichiarò infatti che il trattato sarebbe stato legalmente vincolante; il secondo lo smentì a pochi giorni di distanza. Caos? No, solo un equivoco mediatico dovuto ai diversi significati che il carattere “legalmente vincolante” dei trattati assume nel diritto americano ed in quello internazionale: mentre per quest’ultimo si tratta di un semplice accordo scritto con elementi vincolanti al suo interno, negli USA questo è un documento con le medesime caratteristiche ma la cui adozione richiede l’approvazione del Senato. Ciò perché, come si vedrà in seguito, non tutti gli elementi presenti in un trattato legalmente vincolante sono da considerarsi “vincolanti”.
Hollande voleva quindi tranquillizzare sul fatto che l’Accordo di Parigi avrebbe contenuto elementi vincolanti; Kerry, rassicurare che gli elementi che sarebbero stati vincolanti non avrebbero comportato, per gli USA, l’obbligo di approvazione dell’intero Accordo da parte del Senato – che essendo a maggioranza repubblicana avrebbe probabilmente opposto un rifiuto al trattato. Un particolare retroscena della COP21 è stato il rinvio della conclusione della conferenza (attesa per venerdì 12 dicembre) al giorno successivo proprio per un problema sorto circa l’utilizzo di un termine che avrebbe reso un particolare elemento vincolante e, di conseguenza, subordinato per gli Stati Uniti l’adozione dell’intero Accordo al passaggio al Congresso: un potenziale disastro negoziale.
Il reale significato di “legally binding”
In termini più generali, l’espressione “legally binding” si discosta spesso da ciò che l’immaginario collettivo tende ad associare ad un impegno di carattere ineludibile, accompagnato da un elemento coercitivo tale da imporre ad un Paese il rispetto di quanto pattuito. Al contrario, nessuna istituzione sovranazionale (sia essa l’Unione Europea, o l’ONU) ha la possibilità concreta di scavalcare la sovranità di un Paese contro la propria volontà e non solo in materia di clima: si pensi, in ambito europeo, alle dispute circa il rientro in parametri economici o alla questione relativa al trattato di Schengen, o – al livello delle Nazioni Unite – al rispetto di norme sui diritti umani. Quanto si può fare, nei suddetti campi, è piuttosto cercare di rendere “indirettamente coercitivo” il rispetto di determinati obiettivi o impegni: ovvero tramite l’applicazione (ove ciò sia previsto) di sanzioni, o l’esclusione da piattaforme che garantiscano agevolazioni di ogni sorta, quali i preziosi meccanismi di mercato ampiamente utilizzati come strumenti di flessibilità per perseguire gli obiettivi del Protocollo di Kyoto. In accordi di questo genere, sono proprio tali misure, assieme alla leva della reputazione internazionale, ad incoraggiare il rispetto degli impegni.
Il “Paris Agreement”
L’Accordo di Parigi, frutto di un processo interamente “bottom-up” (con i contributi determinati nazionalmente dai Paesi, gli INDCs – i primi 148 dei quali già oggetto di un’analisi di Climalteranti), ancor meno dovrebbe prestarsi a dubbi circa l’effettiva possibilità da parte delle Nazioni Unite di imporre sanzioni ai Paesi che non ne dovessero rispettare gli impegni: si tratta dunque di un accordo legalmente vincolante, ma:
a) Gli elementi da considerare “vincolanti” sono solo quelli accompagnati da una terminologia specifica.
In altre parole, il grado di vincolo non è uniforme per l’intero testo (e non potrebbe esserlo per quanto già considerato), bensì varia di paragrafo in paragrafo, di frase in frase, a seconda termine utilizzato. Nel dettaglio, sono considerate “vincolanti” le prescrizioni affiancate dal termine “shall”, seguito da “will” su cui vi è un dibattito circa l’interpretazione, ovvero se stia ad indicare un’intenzione o una previsione; segue poi il meno stringente “should”, fino al debole “may”.
b) Nessuna istituzione sovranazionale può rivalersi sui Paesi circa l’attuazione dell’Accordo, né sul rispetto degli impegni (Contributi) presentati né, in generale, sugli elementi vincolanti di cui sopra.
L’analisi degli elementi nel testo
Al fine di valutare quali elementi siano effettivamente vincolanti nell’Accordo di Parigi, si riporta di seguito un commento ai principali paragrafi relativi a mitigazione ed INDCs, meccanismi di mercato, adattamento e loss and damage, finanza e sessione di global stocktake.
I contributi nazionali volontari (INDCs) e la mitigazione: Articolo 4
Vincolante: ogni Paese dovrà presentare contributi nazionali volontari successivi, ogni 5 anni, ed approntare misure di mitigazione allo scopo di perseguirne gli obiettivi.
Più vincolante che no: i contributi nazionali volontari rappresenteranno, nel tempo, un progresso rispetto ai precedenti, riflettendo la massima ambizione possibile di un Paese.
Non vincolante: i Paesi sviluppati dovrebbero continuare ad assumere un ruolo di leadership intraprendendo misure che riguardino tutti i settori dell’economia; i Paesi in via di sviluppo dovrebbero continuare ad incrementare i propri sforzi di mitigazione.
2. Each Party shall prepare, communicate and maintain successive nationally determined contributions that it intends to achieve. Parties shall pursue domestic mitigation measures, with the aim of achieving the objectives of such contributions.
3. Each Party’s successive nationally determined contribution will represent a progression beyond the Party’s then current nationally determined contribution and reflect its highest possible ambition (…).
4. Developed country Parties should continue taking the lead by undertaking economy-wide absolute emission reduction targets. Developing country Parties should continue enhancing their mitigation efforts (…).
9. Each Party shall communicate a nationally determined contribution every five years (…).
I meccanismi di mercato: Articolo 6
Vincolante: un solo Paese potrà fregiarsi del conseguimento di una stessa unità di riduzione nelle emissioni derivante dai meccanismi di mercato, al fine di evitare il fenomeno dei “doppi conteggi”.
2. Parties shall, where engaging on a voluntary basis in cooperative approaches that involve the use of internationally transferred mitigation outcomes towards nationally determined contributions (…), apply robust accounting to ensure, inter alia, the avoidance of double counting, (…).
5. Emission reductions resulting from the mechanism referred to in paragraph 4 of this Article shall not be used to demonstrate achievement of the host Party’s nationally determined contribution if used by another Party to demonstrate achievement of its nationally determined contribution.
Adattamento e Loss and Damage: Articoli 7-8
Vincolante: gli sforzi di adattamento dei Paesi in via di sviluppo devono essere riconosciuti; tutte le Parti devono implementare azioni, fra cui la stesura di piani per l’adattamento.
Non vincolante: le Parti dovrebbero rafforzare la comprensione e il dialogo circa le perdite ed i danni associati ai cambiamenti climatici.
3. The adaptation efforts of developing country Parties shall be recognized (…).
9. Each Party shall, as appropriate, engage in adaptation planning processes and the implementation of actions, including the development or enhancement of relevant plans, policies and/or contributions (…).
3. Parties should enhance understanding, action and support, including through the Warsaw International Mechanism, as appropriate, on a cooperative and facilitative basis with respect to loss and damage associated with the adverse effects of climate change.
Finanza: Articolo 9
Vincolante: i Paesi sviluppati devono fornire risorse finanziarie per assistere i Paesi in via di sviluppo, e comunicare ogni 2 anni informazioni qualitative e quantitative circa i contributi, fra cui i livelli di risorse pubbliche da mobilitare.
Non vincolante: altri Paesi sono incoraggiati a fare altrettanto, volontariamente.
1. Developed country Parties shall provide financial resources to assist developing country Parties with respect to both mitigation and adaptation (…).
2. Other Parties are encouraged to provide or continue to provide such support voluntarily.
5. Developed country Parties shall biennially communicate indicative quantitative and qualitative information (…), including, as available, projected levels of public financial resources to be provided to developing country Parties.
Global Stocktake: Articolo 14
Vincolante: la prima sessione di verifica sullo stato di attuazione dell’Accordo (non degli INDCs, per l’aggiornamento dei quali avrà inizio un “dialogo facilitativo” nel 2018, ndr) si terrà nel 2023 e successivamente con cadenza quinquennale.
2. The Conference of the Parties serving as the meeting of the Parties to this Agreement shall undertake its first global stocktake in 2023 and every five years thereafter (…).
Conclusioni
L’intero testo dell’Accordo contiene 117 volte la parola “shall”, 6 volte la parola “will” e 25 volte la parola “should”. È evidente la prevalenza degli elementi vincolanti rispetto a quelli non vincolanti.
Quali Paesi vorranno vincolarsi lo vedremo presto, con le firme di ratifica individuali. Un primo segnale: Fiji è stato il primo paese a ratificare l’Accordo di Parigi, con voto parlamentare all’unanimità.
Testo di Federico Brocchieri, con contributi di Stefano Caserini, Gabriele Messori e Valentino Piana.
4 responses so far
Sull’Accordo di Parigi: Un pregio dell’incontro e dei conseguenti accordi di Parigi è che hanno fatto parlare dei problemi reali e conoscere al grosso pubblico qualcosa della situazione mondiale. La grave mancanza è quella di aver parlato soltanto dei mutamenti climatici, che sono un effetto, non la causa. Invece i problemi veri sono la mostruosa crescita demografica (80-90 milioni in più ogni anno su una popolazione di oltre sette miliardi di umani) e la crescita economica, che è una malattia della Terra. Non ne hanno parlato, anzi è stato detto che lo sviluppo economico non si tocca. Inoltre: fissare un limite, già tardivo, all’aumento di temperatura invece che all’emissione di gas-serra che lo provoca è una presa in giro. Per ottenere qualche risultato occorrerebbe cessare immediatamente l’estrazione e il consumo dei combustibili fossili (carbone, petrolio e metano) e porre fortissime limitazioni al trasporto di merci e al traffico in generale.
Il discorso conclusivo doveva iniziare così: “L’esperimento dell’umanità denominato “civiltà industriale”, che ha come scopo primario l’incremento indefinito dei beni materiali, è fallito. Dobbiamo gestire il transitorio per uscirne completamente con il minimo trauma possibile”.
Aggiungo che anche Palau ha ratificato l’Accordo di Parigi,
http://www.islandtimes.us/index.php?option=com_content&view=article&id=626:palau-ratifies-paris-agreement-on-climate-change&catid=6:palau-news-a-current-events
e che la Commissione Europea ha solleciato una rapida ratificazione ( http://neurope.eu/press-release/climate-action-europe-readies-next-steps-to-implement-the-paris-agreement/ )
Che farà l’Italia – e quando?
“Che farà l’Italia – e quando?”
Già. Che farà? Facile prevedere: farà poco e tardi, con i nostri modi e ritmi, diciamo così mediterranei.
Purtroppo l’attenzione sul clima (e in generale per tutto ciò che riguarda la protezione dell’ambiente) sembra essere ai minimi storici.
Il disinteresse è trasversale ai partiti politici, salvo sfumature, e transnazionale (la recente “soluzione” europea allo scandalo WV con l’aumento dei limiti degli inquinanti non lascia certo ben sperare).
Tempi duri per ambiente e clima tra emergenze epocali nuove (instabilità geopolitica, immigrazioni), miopie e vizi vecchi (mettere la Crescita davanti a tutto e considerare le politiche ambientali solo come un ostacolo alla stessa…).
@ Purtroppo l’attenzione sul clima (e in generale per tutto ciò che riguarda la protezione dell’ambiente) sembra essere ai minimi storici.
Beh.. non direi… io non guardo molto la televisione ma mi hanno detto che nel weekend si è parlato di clima sia sabato sera (Scala Mercalli) che domenica sera (presa diretta) in prima serata.. ambo storico… e poi il lunedi’ Di Caprio dagli Oscar…