Il discorso di Trump: solo un diversivo?
Il discorso con cui Trump ha annunciato di voler avviare le procedure per il ritiro degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi è stato accolto, come c’era da attendersi, da critiche quasi unanimi da parte degli altri leader mondiali. E da una pronta risposta di 68 sindaci, sia Repubblicani che Democratici (tra cui quelli di New York, Chicago, Seattle, Boston, Los Angeles, San Francisco, Miami, Houston, Palm Beach, Little Rock) che hanno affermato con forza di voler rispettare gli impegni per contenere l’incremento della temperatura globale.
La proposta avanzata da Trump nel suo discorso, di avviare un negoziato per un nuovo accordo, è quindi destinata ad un nulla di fatto. Inoltre, l’Accordo di Parigi prevede tempi di uscita molto lunghi; la mossa di Trump non produrrà quindi effetti concreti fino al 4 Novembre 2020, data in cui gli Stati Uniti potranno formalmente abbandonare l’Accordo.
La decisione di Trump avrà come principale effetto il disimpegno degli USA nel rilancio degli impegni di riduzione a livello globale, e i danni saranno soprattutto per gli stessi Stati Uniti.
Si tratta per lo più di una decisione simbolica, legata all’ossessione paranoica ben rappresentata dallo slogan “Make America Great Again”.
Non c’è molto da dire dal punto di vista scientifico sul discorso di Trump (qui il testo): l’inconsistenza e la miopia delle critiche di Trump alla sostanza dell’Accordo sono palesi. I numeri sulle probabili perdite di posti di lavoro (2,5 milioni entro il 2025) o sulla perdita di benessere conseguenti alle politiche sul clima sono rozzi errori o vere e proprie bugie (qui un interessante fact checking): tesi senza fondamento che assomigliano da vicino agli argomenti con cui nel corso degli anni ha denigrato o deriso la scienza del clima (qui potete trovare un incredibile discorso in cui Trump propone di fare un test di intelligenza a chi crede nel riscaldamento globale, mentre a Rochester fa freddo).
E comunque l’economia, i capitali, gli investimenti stanno già andando dalla parte giusta. Non è un caso che un’azienda americanissima come Tesla, che oggi più di chiunque altro incarna la visione di un mondo decarbonizzato, abbia ormai superato in capitalizzazione di borsa colossi come Ford e General Motors. E a questo punto anche Musk abbandona il suo ruolo di consigliere di Trump, avendo evidentemente molto di meglio da fare.
Pur se è difficile trovare una razionalità nelle scelte di Donald Trump, alla fine la spiegazione più solida di questa sua mossa è che utilizzi il clima come un diversivo, un modo per spostare l’attenzione dalle difficoltà politiche che sta incontrando in patria (vedi qui e qui).
Come ha scritto Gavin Schmidt, i rischi globali non cessano di essere globali, né scompaiono solo perché il governo di un paese chiude gli occhi e le orecchie e se ne va. La scelta dell’orchestra jazz per intrattenere gli ospiti nel giardino della Casa Bianca, prima del discorso di Trump, potrebbe fare pensare ad altri casi del passato in cui le orchestrine hanno suonato per nascondere la gravità della situazione.
Testo di stefano Caserini, con il contributo di Gabriele Messori, Mario Grosso e Sylvie Coyaud
9 responses so far
Questa è la migliore analisi che ho letto sulle scelte di Trump: non c’entra il clima, nè l’economia. C’è solo un adolescente bullo in cerca di una propria identità.
http://www.politico.com/magazine/story/2017/06/01/why-trump-actually-pulled-out-of-paris-215218
Dietro le scelte di un vecchio capitalista e speculatore come Trump ci sono sempre le solite motivazioni, i soldi. Lui i soldi per farsi eleggere li ha cercati e trovati tra i minatori e i proprietari delle miniere di carbone, terrorizzati dalle politiche di Obama, ora deve ripagarli. Inoltre, e il suo discorso è molto chiaro su questo, si rifiuta di pagare alcunché al Green climate fund, che prende anche esplicitamente in giro.
Vediamone ora gli aspetti relativi al diritto internazionale e la legalità internazionale: Trump cessa l’implementazione dell’Accordo di parigi, già entrato in vigore internazionalmente, di cui pure gli Stati Uniti sono firmatari e ratificatori, da cui non possono uscire che tra quattro anni (per l’art. 28, primi due commi):
1. At any time after three years from the date on which this Agreement has entered into force for a Party, that Party may withdraw from this Agreement by giving written notification to the Depositary.
2. Any such withdrawal shall take effect upon expiry of one year from the date of receipt by the Depositary of the notification of withdrawal.
Quindi smettere la sua implementazione, incluso l’NDC, è illegale ai termini dell’accordo stesso. E’ come togliere la casa data in affitto, di cui l’affituario sta regolarmente pagando l’affitto, fin dai primi mesi di un contratto quadriennale. Dichiarare che non lo si rinnoverà è legale, ma smettere di adempiere in mezzo alla sua durata no.
Inoltre smettere di contribuire al Green Climate Fund contravviene non solo all’Accordo di Parigi, ma anche a punti acquisiti nei negoziati ben prima (esso venne infatti lanciato a Copenhagen, come documentavo all’epoca: http://www.economicswebinstitute.org/essays/copenhagengreenclimatefund.htm ) ed è rientrato con gli Accordi di Cancun dell’anno dopo nei patti derivanti dalla Convenzione UNFCCC. Quindi Trump sta forzando il diritto internazionale e non “soltanto” facendo un danno devastante alla vita umana sul pianeta (di cui gli USA pagheranno il risarcimento “loss and damage”, essendo usciti dall’Accordo che, bilanciando un maggiore impegno futuro ed una trattazione adeguata ma non punitiva dei “loss and damage”, escludeva tramite la più debole COP Decision che si potessero chiedere i risarcimenti).
Questo signore, che deve ancora apprendere i rudimenti fondamentali della “signorilità ” ha solamente aperto con notevole anticipo la campagna elettorale per puntare al secondo mandato.
Esprimo certezza che i democratici faranno tesoro degli errori commessi e che gli americani recupereranno un po’ di buonsenso per bocciare questo insensato progetto.
Non dimentichiamo che questo signore poco signorile è a capo della nazione più potente del mondo e domattina potrebbe svegliarsi con l’idea di lanciare una gragnola di testate nucleari qua e là per il mondo, facendo fuori 2 o 3 miliardi di esseri umani, giusto per ri-bilanciare le emissioni di CO2… altro che Green Climate Fund!
Alla luce di ciò, ritengo che i vari altri BIGs del mondo ci penseranno su molto bene, prima di fare la voce grossa con il biondone ossigenato… come potrebbero mai intervenire?… mettendolo in castigo dietro la lavagna?…
Battute a parte, il discorso estremista di Trump non fa altro che mettere in luce gli estremismi esistenti anche sull’altra sponda e dovrebbe dunque servire da spunto per riflettere un pò più attentamente sulle reali priorità per noi esseri umani ed il nostro pianeta… Medio tutissimus ibis.
Gavin Schmidt ha ovviamente ragione nel sostenere che i rischi globali non scompaiono se l’ amministrazione della Nazione più ricca del mondo esce da un accordo come quello di Parigi giudicato tra l’ altro a suo tempo da altri seri climatologi poco efficace nell’ affrontare realmente i rischi potenzialmente catastrofici del GW.
Solo che, piaccia o non piaccia, di fatto questa decisione comporta un aumento di tali rischi.
Anche il New York Times sostiene che gli Stati Uniti non hanno lasciato Parigi ma “solo” la sua implementazione:
The U.S. Won’t Actually Leave the Paris Climate Deal Anytime Soon
https://www.nytimes.com/2017/06/07/climate/trump-paris-climate-timeline.html
comme commentato più ampiamente qui:
http://www.accordodiparigi.it/geopolitica.htm#tru
Per la valutazione dei costi per gli Usa nel rimanere dentro Parigi, il presidente ha usato:
http://accf.org/wp-content/uploads/2017/03/170316-NERA-ACCF-Full-Report.pdf
che non tiene però conto dei benefici come indicato nello studio stesso (It does not take into account potential benefits from avoided emissions. The study results are not a benefit-cost analysis of climate change) e, come indicato da altri,
the study assumes:
• that other countries don’t make emission reductions in line with the Paris Agreement, therefore leading American companies to relocate;
• that industries are static and don’t change to adapt to the regulations, and;
• that there would be no increase in clean electricity generation compared to the baseline scenario.
Più in generale ha ignorato la più ampia survey:
https://www.c2es.org/publications/modeling-epas-clean-power-plan-insights-cost-effective-implementation
Una più ampia analisi delle “bugie” del presidente è qui:
http://www.politifact.com/truth-o-meter/article/2017/jun/01/fact-checking-donald-trumps-statement-withdrawing-/