Pacchetto 20-20-20: gli errori nei numeri del Ministero dell’Ambiente
E’ passato ormai un mese dalla polemica del governo italiano sui costi del pacchetto clima energia dell’UE, ormai famoso con il nome “20-20-20”.
Dopo la tempesta, i riflettori si sono spenti. Nulla si è saputo dei risultati del Tavolo di confronto aperto a Bruxelles fra i tecnici del Ministero dell’Ambiente e della DGEnv – Commissione UE.
Non sono disponibili – ad oggi – documenti ufficiali a conclusione dei lavori del “Tavolo”. E’ poco probabile che il confronto sia ancora in corso.
In sintesi, le accuse lanciate dal governo erano chiare (i costi dell’Italia sono molto alti, sono i più alti di tutti). La Commissione aveva risposto che non era così e che i conti italiani erano sbagliati, che i costi erano al massimo la metà di quanto detto dall’Italia (risposta dell’Italia: ma sono i vostri conti!).
Molto famosa è una stima di 180 miliardi di euro data dal Governo Italiano in innumerevoli occasioni, e contestata dalla Commissione. Se si fa una ricerca su Google con parole chiavi “costi – Italia – 180 miliardi – emissioni” si trovano migliaia di riferimenti alle dichiarazioni italiane.
In particolare la cifra di 181,5 miliardi di euro è quella citata più frequentemente.
Titolo de “Il Sole 24 Ore”, 9 Ottobre 2008
Quindi chi aveva ragione e chi aveva torto? Da dove nasce questa cifra?
Dopo aver studiato le carte, Climalteranti.it propone una risposta.
La documentazione prodotta dalla Commissione europea e pubblicata il 23 gennaio 2008 con l’Impact Assessment relativo al cosiddetto “Climate package” e nel giugno 2008 con la “Model-based Analysis of the 2008 EU Policy Package on Climate Change and Renewables” ha fornito una base di dati per fare alcune valutazioni sui costi che l’intera Unione europea e i singoli paesi dovranno sostenere per raggiungere contemporaneamente l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra (20% in meno nel 2020 rispetto al 1990) e l’obiettivo di sviluppo delle fonti rinnovabili (20% sul totale dei consumi finali di energia nel 2020).
Gli analisti della Commissione hanno infatti sviluppato una serie di scenari alternativi che si basano su differenti ipotesi in termini di:
- criterio di efficienza economica, ovvero minimizzazione dei costi per l’intera Unione europea;
- criterio di equità, ovvero redistribuzione degli impegni tra i diversi paesi in funzione del livello di sviluppo economico di ciascuno;
- possibilità di utilizzo dei crediti derivanti dai meccanismi flessibili del Protocollo di Kyoto per ottemperare all’obbligo di riduzione delle emissioni, ovvero la possibilità di includere anche iniziative svolte all’esterno dell’Unione europea (Progetti CDM);
- possibilità di utilizzo delle cosiddette “Garanzie d’origine” associate alle fonti rinnovabili per raggiungere l’obbiettivo dello sviluppo di queste ultime, ovvero anche iniziative di produzione di energia rinnovabile in altri paesi dell’Unione europea possono essere riconosciute ai fini del raggiungimento dell’obiettivo nel proprio paese;
- livello dei prezzi d’importazione del petrolio e del gas.
I risultati ottenuti tramite questi scenari sono stati utilizzati dalla Commissione per proporre una serie di misure concrete finalizzate al raggiungimento degli obiettivi per lo sviluppo delle fonti rinnovabili e la riduzione delle emissioni: il “Climate package”, per l’appunto.
Quest’ultimo comprende:
- una proposta di revisione della direttiva 2003/87/EC sull’Emission Trading (sistema di scambio europeo dei permessi di emissione) – EU ETS
- una proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio per la riduzione delle emissioni per i settori non soggetti all’EU ETS
- una proposta di direttiva per la promozione dell’utilizzo dell’energia prodotta da fonti rinnovabili
- una proposta di direttiva sullo stoccaggio geologico del biossido di carbonio.
Il pacchetto non comprende misure per l’efficienza energetica. Si ricorda che l’obiettivo del 20% di riduzione dei consumi energetici al 2020, rispetto all’evoluzione tendenziale, non è un obiettivo vincolante.
La prima cosa da sottolineare è che nessuno degli scenari analizzati nel rapporto UE corrisponde esattamente alle proposte della Commissione. Queste ultime infatti stanno seguendo la procedura di adozione prevista dalla normativa europea e basata sulla codecisione in sede di Consiglio e Parlamento europeo. L’iter ha già prodotto una serie di emendamenti significativi, soprattutto con riferimento alla proposta di direttiva per le fonti rinnovabili.
Alla luce di queste considerazioni, per valutare l’impatto del “Climate package” sui costi del sistema energetico italiano utilizzando i risultati prodotti dalla Commissione europea, la cosa migliore è selezionare gli scenari che maggiormente riflettono le proposte attualmente in discussione.
In particolari gli scenari più interessanti sono due (chiamati RSAT-CDM e NSAT-CDM) e prevedono entrambi un contesto europeo per le grandi sorgenti, ma incorporano il principio di equità prevedendo impegni differenziati per i singoli paesi, ossia prevedono:
- la definizione a livello UE dell’obiettivo di riduzione delle emissioni da parte dei settori soggetti al sistema europeo di scambio dei permessi di emissione – ETS (ovvero il settore energetico e i settori energivori);
- la definizione a livello dei singoli paesi dell’obiettivo di riduzione delle emissioni da parte dei settori industriali non soggetti alla direttiva ETS;
- la definizione a livello dei singoli paesi dell’obiettivo di sviluppo delle fonti rinnovabili.
I due scenari divergono invece riguardo alle ipotesi sull’utilizzo dei crediti CDM e sulla possibilità di scambio delle Garanzie d’Origine associate alle fonti rinnovabili. In altre parole la differenza fra i due scenari sta nell’aggiungere o meno al criterio di equità uno o due strumenti di flessibilità, allo scopo di rendere più efficiente lo sforzo complessivo.
Infatti, lo scenario RSAT-CDM prevede la possibilità di utilizzare i crediti CDM in linea con quanto approvato in sede di Commissione europarlamentare, mentre esclude il commercio delle Garanzie d’Origine, discostandosi in tal senso dalla proposta originaria della Commissione europea ma avvicinandosi in parte a quanto deciso in sede di Commissione europarlamentare.
Lo scenario NSAT-CDM, invece, comprende sia la possibilità di utilizzo dei crediti CDM sia lo scambio delle Garanzie d’Origine delle fonti rinnovabili al fine di garantire a livello europeo uno sviluppo efficiente di tali fonti. In questo caso non tutti i paesi sarebbero in grado di rispettare i target nazionali facendo affidamento solo agli sforzi locali.
Lo scenario selezionato dal Ministero dell’Ambiente e presentato alla Commissione europea al fine di valutare i costi aggiuntivi per il nostro paese non è uno di questi due. Questo terzo scenario, denominato RSAT, non prevede l’utilizzo di alcuno strumento di flessibilità e quindi non rispecchia né la proposta originale della Commissione né le successive modifiche.
Il grafico seguente rappresenta l’andamento dei costi del sistema energetico italiano nei tre scenari sopra descritti, e li confronta con l’andamento dello scenario base, ovvero “business as usual”, che non prevede cioè l’adozione del “Climate package”. Le differenze tra le curve corrispondenti agli scenari “Climate Package” (RSAT, RSAT-CDM e NSAT-CDM) e la curva baseline (BL) misurano i costi aggiuntivi che il sistema deve sostenere per raggiungere gli obiettivi prefissati.
Fonte: elaborazione Climalteranti.it su dati Commissione Europea
Come si vede, il Ministero ha selezionato lo scenario più costoso e meno probabile.
Ma le differenze non sono piccole come potrebbe sembrare a prima vista. È vero che complessivamente sono pochi punti percentuali di differenza, ma sono sempre miliardi di euro.
Se si calcolano le differenze fra i costi dei tre scenari e lo scenario “Baseline” (che rappresenta i costi di uno scenario energetico senza il pacchetto 20-20-20), si vede che si parla di miliardi di euro l’anno di maggior costo.
[aggiunta – Va chiarito che non sono qui conteggiati i costi aggiuntivi indiretti relativi all’acquisto dei permessi CDM e delle GOs. Questi costi porterebbero ad esempio il costo totale dello scenario NSAT-CDM nel 2020 a circa 12.4 miliardi di euro. Non sono disponibili i costi al 2015.]
Fonte: elaborazione Climalteranti.it su dati Commissione Europea
Ma questi numeri non sono ancora quelli della contesa raccontata dai giornali, c’è dell’altro.
La Commissione europea ha fornito i dati di costo in corrispondenza degli anni 2005, 2010, 2015 e 2020. Per calcolare i costi aggiuntivi totali nel periodo 2013-2020, o nel periodo 2011-2020 come proposto dal Ministero dell’Ambiente, sarebbe necessario disporre dei dati puntuali relativi ad ogni anno. In alternativa, come è stato fatto nelle figure sopra, si possono interpolare i dati mancanti nel periodo 2010-2015 e nel periodo 2015-2020. Con questa semplice elaborazione matematica, effettuata con un’interpolazione lineare negli intervalli, si ottengono i seguenti risultati.
Costi aggiuntivi per l’Italia (mld euro) |
Scenario RSAT |
Scenario RSAT-CDM |
Scenario NSAT-CDM |
2011-2020 |
145.70 |
93.20 |
47.80 |
media annua 2011-2020 |
14.57 |
9.32 |
4.78 |
|
|
|
|
RSAT: senza meccanismi di flessibilità | |||
RSAT-CDM: possibilità di utilizzo dei crediti CDM | |||
NSAT-CDM: possibilità di utilizzo dei crediti CDM e scambio delle Garanzie d’Origine |
Fonte: elaborazione Climalteranti.it su dati Commissione Europea
Come detto, lo scenario RSAT è quello selezionato dal Ministero dell’Ambiente.
I numeri, tuttavia, sono molto diversi da quelli presentati nel documento del Ministero in quanto quest’ultimo ha calcolato i costi aggiuntivi complessivi facendo la media tra i costi relativi all’anno 2015 (15,1 mld) e i costi relativi all’anno 2020 (21,2 mld) si ottiene 18,15 mld euro e poi moltiplicando per 10, ovvero per gli anni compresi tra il 2011 e il 2020 si ottiene 181,5 mld euro!
Oltre ai costi stimati in più per la scelta di uno scenario improbabile, ci sono i costi indicati dal triangolo rosso, che sono semplicemente dovuti ad un errore.
Un errore grave, clamoroso. Uno di quegli errori che conviene dire di aver fatto apposta.
Come detto in precedenza gli scenari più rappresentativi sono lo scenario RSAT-CDM e lo scenario NSAT-CDM. Ne consegue che una stima più corretta dei costi aggiuntivi per il nostro paese di quella presentata dal Ministero dell’Ambiente, sulla base dei dati forniti dalla Commissione europea, sarebbe compresa tra i 48 e i 93 miliardi di euro per il periodo 2011-2020. Rispettivamente un quarto o la metà di quelli detti dal Ministero. [aggiunta: se si considerano i costi degli scambi di CDM e Garanzie d’origine, i costi totali per l’Italia aumentano, ma rimangono nettamente inferiori a quelli proposti dal Ministero].
E questi sono solo i costi: i benefici, in termini di danni evitati per le minori emissioni di gas serra, non stati conteggiati.
Testo di N.D. e S.C.
11 responses so far
Grazie, molto interessante
Non sono sicuro di aver capito tutto ma mi sembra che hanno fatto uno sbaglio abbastanza grave, e si’ che dal tono che usavano sembrava che avessero la verità in tasca.
Secondo me fanno più bella figura se dicono che l’hanno fatto apposta, altrimenti vuol dire che non possiamo più fidarci di niente.
Cordiali Saluti Paolo
Secondo me no, vorrebbe dire che vogliono sabotare la politica dell’Europa sul clima… hanno sempre sostenuto il contrario
Voglio vedere se adesso lo diranno i giornali. Se non ricordo male il ministro Pecoraro Scanio un anno fa alla conferenza sul clima di Roma aveva sbagliato i dati dell’aumento delle temperature e gli avevano fatto un mazzo cosi’, giustamente.
Questi errori mi sembrano un bel po’ più gravi
C’è una parentesi in più dopo 18,15 mld euro) o manca qualcosa ?
Ciao
[ok, parentesi corretta, grazie]
L’analisi è interessante, ma c’è qualcosa che non quadra nei dati di costo diretto da voi riportati relativamente agli scenari del Modello primes.
Se ad esempio prendete lo scenario NSAT-CDM, il costo diretto atteso per l’Italia è di 12,3 miliardi di euro05 nel 2020 (0,66% del PIL) e non i circa 6 miliardi da voi riportati.
Bisogna infatti considerare che i calori di costo riportati in appendice dello scenario non sono quelli di riferimento per la valutazione dei costi riportata nel testo (tab. 11) e ripresi nella Valutazione d’impatto della Commissione. Come riportato nelle note agli indicatori delle appendici, infatti, i valori di costo diretto riportati escludono sia il costo dei permessi CDM che i costi dello scambio di GO, costi elevatissimi proprio per l’Italia che dovrebbe ricorrere massicciamente sia al CDM che allo scambio GO. Il valore che include il costo CDM e delle GO (e continua a escludere costo permessi ASTE) è ricavabile dallo 0,66% sul PIL ITA della ultima colonna tab. 11 Primes, che compare per l’appunto anche nella Valutazione d’impatto.
Analogo discorso vale per i costi dell’altro scenario da voi riportato, RSAT-CDM
Considerata la rilevanza della vostra tesi, sarebbe utile una verifica.
Grazie Andrea, si, è vero, sono stati mostrati i costi del sistema energetico, che non sono i costi totali, ossia non sono conteggiati i costi aggiuntivi indiretti relativi all’acquisto dei permessi CDM e delle GOs. Questo perché i primi sono disponibili con maggiore dettaglio temporale da permettere di fare il grafico con i costi annuali e calcolare la somma nel periodo 2011-2020. Nel post inizialmente si è parlato dei costi per il sistema energetico, ma la frase finale parla di costi senza specificare e quindi in effetti non è chiara.
Comunque non cambia la sostanza del post, ossia il fatto che lo scenario selezionato dal governo italiano (RSAT) non corrisponde alle misure proposte nel Climate Package della Commissione e la stima di 181,5 Mld euro, molto più alta di quanto stimabile anche considerando i costi degli scambi, può essere ricavata solo con il metodo spiegato.
Facendo invece riferimento agli scenari più vicini alle proposte attualmente in discussione e prendendo in considerazione anche i costi indiretti per l’acquisto di permessi di CDM e/o di GOs per tutti i paesi UE, probabilmente anche il confronto della situazione italiana rispetto a quelli degli altri maggiori paesi europei risulterebbe diverso da quello sempre presentato nel documento del Ministero; si veda in proposito l’effetto redistributivo nelle Figure 9. e 10 nel documento Model-based Analysis …
Per fare i calcoli più correttamente (ma devo verificare) si possono prendere i crediti che si dovrebbero comprare nell’ipotesi RSAT (Tabella 17 del doc. UE) e moltiplicarli per 30 €/ton CO2. In questo modo al 2020 si avrebbe un costo aggiuntivo ulteriore di 1,8 miliardi di euro che dovrebbe tradursi in circa 0.1% in più sul PIL al 2020.
Comunque grazie per l’appunto. Appena possibile correggeremo il post per recepire il tuo contributo.
[ok, aggiunte le due frasi richieste]
Scusate ma non ho capito!
cito:
“I numeri, tuttavia, sono molto diversi da quelli presentati nel documento del Ministero in quanto quest’ultimo ha calcolato i costi aggiuntivi complessivi facendo la media tra i costi relativi all’anno 2015 (15,1 mld) e i costi relativi all’anno 2020 (21,2 mld) si ottiene 18,15 mld euro) e poi moltiplicando per 10, ovvero per gli anni compresi tra il 2011 e il 2020 si ottiene 181,5 mld euro!
Oltre ai costi stimati in più per la scelta di uno scenario improbabile, ci sono i costi indicati dal triangolo rosso, che sono semplicemente dovuti ad un errore.”
Avete una fonte dove c’è scritto che hanno fatto così?
Ma i 180 mld non sono l’area compresa (fig 2) tra la linea baseline (senza riduzioni) e la linea RSAT ( cioè lo scenario più oneroso) da qui al 2020?
@ Andrea
Non solo, il confronto nella fig 3 non dovrebbe essere fatto tra baseline e RSAT?
Quello proposto in fig 3 e 4 è il confronto di costi tra due scenari in cui si applica in entrambi la 20-20-20, ma in modi diversi.
Provo a rispondere io.
Il dati del secondo grafico sono ottenuti dalla differenza fra i costi dei tre scenari e la baseline, riportati nel primo grafico.
Si, la stima dei costi è, nel primo grafico data dall’area compresa tra la linea baseline e la linea RSAT, dal 2010 al 2020. Oppure, nel secondo grafico, fra la linea del RSAT e l’asse orizzontale delle ascisse.
Se si fa cosi’ si trova un costo per lo scenario RSAT di 150 miliardi di euro.
Il Governo Italiano ha dichiarato esplicitamente di fare riferimento allo scenario RSAT; con questo scenario, la cifra di 181,5 miliardi può essere calcolata solo come descritto, ossia facendo la media dei costi 2015 e 2020, e poi moltiplicando per 10: è l’area compresa nel terzo grafico fra la linea blu orizzontale e l’asse delle ascisse. Il triangolo rosso, l’errore, vale quindi circa 30 miliardi di euro.
La cifra di 181,5 ha avuto molto successo mediatico (vedi link a inizio post), forse perché usando 4 cifre significative dava l’idea di una grande precisione.
Non si trovano documenti in cui si dice come è stata stimata; ma un altro modo per ricavarla, con i dati dello scenario RSAT, anche io non lo trovo.
S.
Grazie!
Alla fine quant’ è il costo della 20-20-20 per uno scenario credibile?
E soprattutto, quant’è la mitigazione che ne deriverebbe in termini di temperatura?
La stima della Commissione per lo scenario NSAT-CDM nel 2020 è come detto lo 0,66 % del PIL, 12 miliardi di euro di cui metà circa per costi diretti del sistema energetico e metà di costi indiretti.
Nessun intervento (in positivo o in negativo) ha da solo effetti sulle temperature del pianeta. Il 20-20-20 è un passo di una politica climatica più ampia.
Sul Sole di mercoledi’ 3 dicembre in un articolo c’era scritto che le regole sulle emissioni di Co2 costeranno 18 miliardi l’anno al sistema manifatturiero.
E’ una frase attribuita alla Marcegaglia. Se non ho capito male dice che è una stima fatta dal governo sulla base dei dati della Commissione EU.
In effetti è la cifra che dite voi !
http://legambiente.eu/associazione/rassegnaStampa/articolo.php?id=5628
Si’, al Sole24ore continuano dare enfasi a quella stima di 18 miliardi l’anno. In questo, riferita ai costi di riduzione della sola CO2 del sistema manifatturiero, l’errore è ancora più grave.
Se si intende come sistema manifatturiero il settore 1.A.2 “1.A.2 Manufacturing Industries and Construction”, che comprende fra gli altri il settore dei materiali ferrosi e non ferrosi, dell’acciaio e della carta, il sistema manifatturiero ha emesso nel periodo 1990 – 2005 non più di 90 milioni di tonnellate di CO2 l’anno, un quinto del totale delle emissioni del sistema energetico (www.apat.gov.it/site/_files/ITALIAN_GREENOUSE_INVENTORY.pdf).
Dividendo 18 miliardi di euro per 90 milioni sono 200 euro per ogni tonnellata di CO2. Una cifra che non ha senso, è 10 volte il costo attuale.
Se 18 miliardi/anno era già un costo troppo alto – e sbagliato – per l’intero pacchetto clima (il cosiddetto 20-20-20), figuriamoci per il solo –20 % della CO2 dell’industria manifatturiera.
Ma è come al solito il titolo, in questo caso il sottotitolo, a sostenere questa tesi. Nel corpo dell’articolo ci si riferisce ai costi del pacchetto clima, quindi è “solo” l’errore spiegato nel post.